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Rugby Championship, il punto dopo la seconda giornata

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Il secondo turno del Rugby Championship non fa altro che confermare quanto visto nella prima giornata, sebbene con qualche indicazione in più: gli All Blacks sono ancora i più forti, per il semplice fatto di non avere punti deboli; gli Springboks inseguono, sono cinici e spietati ma possono migliorare ulteriormente; i Wallabies appaiono ancora disorganizzati e senza un filo logico, mentre i Pumas devono fare i conti con una lunga lista di infortunati, che ne limita le potenzialità sugli 80′, ma possono fare affidamento sulla consueta garra.

L’unico motivo per cui Steve Hansen potrebbe non sorridere è la serie di infortuni a catena nel ruolo di mediano d’apertura, perché dopo Carter, Cruden e Barrett anche l’esordiente Tom Taylor dovrà fermarsi ai box per un infortunio. In suo aiuto, però, arriva la sosta di due settimane, durante il quale Carter potrebbe tornare abile e arruolato. Insomma, agli All Blacks gira tutto a meraviglia, la macchina perfetta sembra non incepparsi mai.E anche quando non monopolizzano completamente la partita, i tuttineri non danno mai l’impressione di soffrire, limitandosi a convertire tutte le occasioni propizie in punti, senza strafare. Contro questa Australia, a dir la verità, non ce ne sarebbe bisogno, alla luce dei molteplici problemi a cui deve far fronte Ewen McKenzie. Gli Aussie, d’altronde, non hanno mai scalfito seriamente la difesa neozelandese, tant’è che l’unica meta segnata è scaturita da un intercetto di Folau; qualche passo in avanti rispetto ad una settimana fa si è visto, ma la strada è ancora lunga. A preoccupare maggiormente, però, è la fase difensiva, completamente inesistente anche nei movimenti più elementari. Tanti i buchi lasciati alle incursioni di Ben Smith&co. e troppe le disattenzioni che denotano anche una certa mancanza di tranquillità, ingrediente fondamentale per poter iniziare un percorso di redenzione.

L’imbattibilità degli All Blacks, lo ripetiamo ormai da settimane, potrebbe essere insidiata solamente dal Sudafrica, e non tragga in inganno l’opaca prestazione di Mendoza; i Boks, alla fine, sono riusciti ad espugnare l’Argentina soffrendo e lottando fino all’ultimo minuto, il vero segno distintivo delle grandi squadre. Con un piede fatato come quello di Mornè Steyn, poi, anche gli scontri in apparenza più complicati si trasformano in successi insperati. La vittoria, naturalmente, non deve nascondere i troppi errori degli uomini di Meyer, che può comunque contare su un gruppo in esponenziale ascesa, con numerosi elementi pronti ad esplodere definitivamente.
E se gli Springboks non sono riusciti a dominare come nella prima giornata, i meriti vanno tutti (o quasi) alla vera Argentina, quella aggressiva e distruttrice che abbiamo ammirato negli ultimi anni, naturalmente lontana parente di quella molle e sconclusionata vista in Sudafrica. Una prestazione più di cuore che di testa, che ha mostrato i limiti e la ristrettezza attuale del gruppo biancoceleste – anche a causa infortuni -, ma che rilancia le possibilità dei Pumas di conquistare la prima vittoria nella storia del torneo. Servirà anche quel pizzico di indispensabile fortuna, oltre al recupero di qualche giocatore (Fernandez Lobbe su tutti) e alla sistemazione di qualche ingranaggio ancora poco oliato. Poi si potrà sognare.

 

daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

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