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Ciclismo
Tony Martin, novello Dorando Pietri
Se ti chiami Tony Martin, un successo di tappa alla Vuelta a España non ti cambia la vita. No, perché nella tua carriera hai già vinto due ori mondiali a cronometro individuale, uno nella cronosquadre, altri due bronzi e un argento olimpico; e poi titoli nazionali e tappe al Tour de France, e sai di essere, a pari merito con Fabian Cancellara, il cronoman più straordinario del ciclismo.
Forse Tony non ci pensava nemmeno a vincere, oggi, quando a Guijuelo, lugar perdido della Castiglia, è scattato pronti-via, appena abbassata la bandiera della partenza: tanta energia nelle gambe, nel cuore e nella testa, probabilmente, solo l’intenzione di alleviare la giornata ai propri compagni di squadra, che altrimenti sarebbero stati costretti a tirare in testa al gruppo tutto il giorno. Nessuno vuole o riesce a seguirlo, perché è Tony Martin: perché la sua posizione in bici è perfetta, perché il suo modo di pedalare è inarrivabile, perché la velocità e la potenza che produce non hanno eguali. Il plotone lascia fare: cosa sono due, tre, quattro minuti per un singolo uomo contro la furia degli altri 180? E lentamente il vantaggio scende, la volata sembra ineluttabile, la storia di Tony pare rotolare verso l’oblio come quella dei fuggitivi di ogni giorno.
I su e giù tra la Castiglia e l’Extremadura stroncherebbero chiunque, ma non lui. Avere alle calcagna due o tre squadre spegnerebbe l’entusiasmo di chiunque, ma non il suo. Tony controlla. Il tedescone sa perfettamente quando spingere e quando riposare, come affrontare le curve e quanto forzare sui rettilinei. Il traguardo si avvicina e lui inizia a crederci veramente: cosa che non fanno i suoi compagni di squadra della Omega Pharma, intervenuti troppo tardi in testa al gruppo per rompere i cambi tra chi aveva tutto l’interesse ad andare a riprendere il fuggitivo. Mancano due chilometri, poi ne manca uno: i secondi sono sempre di meno, ma Tony può farcela, deve farcela…non per se stesso, perché appunto, di successi ne ha già avuti tanti. Ma per quelle migliaia di tifosi che, da ogni parte del mondo, lo incitano con tutto il cuore, con tutto l’amore per il ciclismo, perché imprese così sono il bello dello sport, fanno tremare dall’emozione e infondono coraggio e fiducia.
Tony non ce la fa. Tony è come Dorando Pietri, che crolla all’ingresso dello stadio di Londra e si vede sfumare il sogno della maratona olimpica. Tony cede all’ultimo istante, braccato da quell’altra locomotiva sovrumana che è Fabian Cancellara, che lo insegue come un segugio fa con la selvaggina. La strada è in leggerissima salita, Tony prova un ultimo sforzo…ma la gloria gli scivola via, quando i cartelli indicano 50 (cinquanta!) metri all’arrivo, dopo 175 km in fuga, dopo quasi quattro ore in solitaria alla pazzesca media di 44 km/h. Lo sport è crudele, vince Mørkøv e Tony è settimo, risucchiato nello sprint finale: resta lì, triste, solitario y final, con la consapevolezza di aver fallito per pochi metri l’ingresso nel mito. O forse nel mito ci entrerà proprio perché si è fermato ad un passo da esso, come Dorando Pietri.
foto tratta da cyclingnews.com
marco.regazzoni@olimpiazzurra.com
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Luca46
29 Agosto 2013 at 22:36
Resta un numero pazzesco … secondo te se a tirare nelle ultime fasi invece di Cancellara ci fosse stato qualcun’altro pensi che ce l’avrebbe fatta?
Marco Regazzoni
29 Agosto 2013 at 22:53
Ha perso solo perché si è messo a tirare Cancellara. Un qualunque atleta “normale” non lo avrebbe mai ripreso, perché ancora ai 500 metri aveva un bel vantaggio.