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‘Italia, come stai?’: basket, amaro in bocca, ma…; lotta, che fatica!

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Diciamo la verità: le cinque vittorie consecutive nel girone iniziale degli Europei di basket 2013, oltretutto ottenute contro corazzate come Grecia, Russia e Turchia, ci avevano fatto venire l’acquolina in bocca. Un’Italia frizzante, talentuosa, capace di giocarsela alla pari con chiunque. Chi lo avrebbe detto alla vigilia della rassegna continentale? Quasi certamente nessuno. L’indisponibilità di Danilo Gallinari era nota da tempo, ma nell’accidentato percorso di preparazione erano arrivati i forfait di Andrea Bargnani, Daniel Hackett, Achille Polonara, Stefano Mancinelli ed Angelo Gigli. In sostanza ci siamo presentati in Slovenia con una Nazionale ed un potenziale dimezzati, tanto che una eliminazione al primo turno non avrebbe di certo fatto gridare allo scandalo.

Invece i ragazzi di Pianigiani si sono superati, probabilmente giocando anche oltre i propri limiti in taluni casi. L’Italia ha girato a mille quando è stata supportata dal fisico. Troppo dispendioso un gioco fatto di continua pressione, penetrazioni e tiri dalla distanza. Alla lunga abbiamo pagato la mancanza di alternative, la ripetitività delle azioni. Con il venir meno della brillantezza siamo diventati prevedibili, gli avversari ci hanno studiato ed hanno preso le necessarie contromisure, ‘punendoci’ con i loro lunghi ed intasando il pitturato. Lì è venuto fuori l’atavico problema della Nazionale azzurra: l’assenza di chili e talento sotto canestro. Marco Cusin, per quanto volenteroso ed autore comunque di un buon Europeo, non è un centro di caratura internazionale, così come non può esserlo un Niccolò Melli che ha giocato fuori ruolo per tutta la competizione. Il convento, tuttavia, offre questo. Ed anche a livello giovanile, nonostante i successi degli ultimi anni (non ultimo l’oro europeo dell’Under20 dello scorso luglio), non si intravedono giganti, se non il solo Riccardo Cervi, ancora acerbo per vestire l’azzurro.
Anche un altro fondamentale problema, quello del play-maker, è stato risolto solo in parte. Andrea Cinciarini ha raggiunto una discreta dimensione internazionale, mentre Trevis Diener si è rivelato un ‘acquisto’ poco fortunato: l’italo-americano ha offerto un rendimento ben al di sotto delle aspettative ed avendo ormai superato i trent’anni, non sembra offrire grande affidamento verso le Olimpiadi di Rio 2016 (ovvero il reale obiettivo di questa squadra, pur se lontanissimo).

Chiuso un Europeo dai due volti, ampiamente sufficiente se consideriamo le aspettative della vigilia, ma deludente in relazione alle prime, esaltanti apparizioni, è tempo di guardare al futuro. Una wild card per il Mondiale 2014 sarebbe crociale per un gruppo che ha bisogno di giocare partite ad altissimi livelli per crescere, amalgamarsi e conoscersi. Sì, anche conoscersi. Perché questa Italia, al completo, con tutti i suoi uomini migliori, non l’abbiamo ancora vista e la rassegna iridata spagnola potrebbe rappresentare l’occasione buona. Giocare invece le qualificazioni agli Europei del 2015, magari a ranghi ridotti e con tante assenze, non gioverebbe a questo fine. Ecco perché delicatissimo sarà ora l’operato del presidente Gianni Petrucci, chiamato a lavorare di politica (e portafoglio…) per garantire un posto all’Italia.

Resta la sensazione che stia nascendo una Nazionale forte ed in grado di durare nel tempo. Pianigiani, gradualmente, potrà contare su diversi nuovi innesti come Amedeo Della Valle e Matteo Imbrò (due play-maker che potrebbero farci comodo, eccome!),  Andrea De Nicolao, Paul Biligha, Awudu Abass, Simone Fontecchio e Andrea La Torre (due prospetti da NBA), Aristide Landi ed Eric Lombardi.
Il materiale umano non manca di certo, ma l’incognita resta sempre la stessa: i club italiani avranno il coraggio di puntare su questi giovani? Purtroppo in Serie A la caccia ossessiva allo straniero procede spedita e non viene concesso tempo alle nuove leve per maturare. Un giovane azzurro da noi gioca solo se già pronto ed in grado di fare la differenza. Ma non tutti sono Alessandro Gentile…

Ai Mondiali di lotta terminati ieri a Budapest (clicca qui per i resoconti delle singole giornate) l’Italia ha ottenuto come miglior risultato il settimo posto di Maria Diana nella categoria -63 kg. Alla manifestazione la compagine tricolore si è presentata con solo quattro lottatori, tre donne ed un uomo. Nessuno stile-liberista presente. Una scelta di per sé condivisibile: considerando il livello attuale di questa disciplina in Italia, era giusto schierare solo quegli atleti che offrissero maggiori chance per ben figurare. Chi è rimasto a casa sa che dovrà lavorare sodo per meritarsi una ribalta internazionale. Una politica che ci piace: il “posto fisso” spesso può generare appagamento e spegnere la fiamma dell’ambizione.
La strada da fare, tuttavia, resta lunghissima. Non hanno brillato le punte Dalma Caneva e Daigoro Timoncini (greco-romana), anche se la giovane ligure ha l’attenuante della giovanissima età. Ed il possibile innesto del cubano Frank Chamizo (clicca qui per l’approfondimento) potrà certamente rappresentare una soluzione importante, ma non la panacea di tutti i mali.

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