Biathlon

Biathlon, intervista esclusiva a Barbara Ertl

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Continua la nostra rubrica del biathlon e oggi abbiamo intervistato Barbara Ertl, ex biathleta e allenatrice del gruppo giovani/Juniores. Tedesca di origine, la 32enne di Benediktebeuern nel 2006 si è trasferita in Italia per aver sposato un ragazzo altoatesino e fin da allora ha potuto gareggiare per la nazionale italiana, esordendo in Coppa del Mondo. Il ritiro della attività agonistica è arrivato al termine della stagione 2008/2009 e nell’estate 2010 ha iniziato l’avventura da tecnico nel seguire al poligono le prestazioni dei giovani talenti azzurri. A lei abbiamo chiesto le seguenti domande.

Come pensi sia cambiato il biathlon come movimento in questi ultimi anni?

“Adesso si deve fare una gara “perfetta” per poter vincere una gara di Coppa del Mondo. Ci sono più atleti che sono in grado di arrivare nei primi tre e ciò rende molto competitiva e aperta la caccia alla vittoria”. 

Quale tra i giovani con hai lavorato vedi come futura promessa, e se ce n’è già qualcuno pronto per il passaggio alla nazionale maggiore?

“Ho iniziato nel estate 2010 lavorare con la squadra juniores/giovani e a fine agosto di quest’anno ho scelto di godermi la mia maternità, anche se resto a disposizione, perchè se ci sono problemi al poligono sono a disposizione. C’è qualche giovane interessante per il futuro ma bisogna lasciarli tranquilli perchè può capitare di tutto. Tutti sono motivati e l’impegno c’è. Quello e la base di tutto”.

Che sacrifici comporta seguire una selezione nazionale?

“I sacrifici non sono tanti. Forse si è poco a casa, se si ha il sostegno della famiglia lo sforzo è sostenibile. Se ti piace il lavoro, non ti pesa assolutamente”.

Che tipologia di allenamenti vengono effettuati agli atleti a livello giovanile?

“Facciamo più allenamenti generali ed iniziamo un po’ più tardi con gli allenamenti specifici rispetto ad una squadra senior”.

Su quali aspetti si lavora maggiormente sui giovani? A livello psicologico, di precisione al poligono o fisicamente per il passo sugli sci?

“Lavoriamo tanto sulla tecnica sia al poligono che in pista. Lavorando pulito al poligono consentiamo agli atleti di migliorare la precisione. Cerchiamo di fare crescere i giovani non solo come atleti, ma anche come persone”.

Cosa manca al movimento del biathlon italiano per raggiungere il livello delle grandi nazionali, come Germania, Norvegia e Francia?

“Gli sci club delle nazionali “grandi” sono strutturati bene. Ci sono tanti allenatori “professionali” che fanno l’ allenatore di mestiere o ci sono addirittura tecnici di un corpo militare che seguono gli atleti nei vari sci club. Così è più facile lavorare con i ragazzi ed anche con qualità. C’è da dire anche che in quei paesi è più elevato il numero di sportivi che pratica il biathlon”.

Compatibilmente con l’impegno che comporta il nuovo arrivato Finn, quando e se pensi di tornare a seguire i nostri giovani?

“Ora Finn mi tiene veramente impegnata. Per un papà è più facile, invece la mamma deve stare con i figli. Avendo praticato e lavorato nel biathlon mi piacerebbe tantissimo seguire gli allenamenti, ma non credo di poter tornare a sviluppare i giovani della nazionale”.

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