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‘Cogito, ergo sport’: Griffith, il Miglior Nemico di Nino Benvenuti

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L’amicizia, come l’amore, richiede quasi altrettanta arte di una figura di danza ben riuscita. Ci vuole molto slancio e molto controllo, molti scambi di parole e moltissimi silenzi. Soprattutto molto rispetto.
Rudolf Nureyev

Miglior Nemico, può considerarsi Emile Griffith, il pugile che, per contrasto, ha reso l’italiano Nino Benvenuti uno dei più grandi campioni di Pesi medi che il mondo ha conosciuto.
Nemico perché la storia degli anni Sessanta è stata chiusa a colpi di round tra lo statunitense nero, riconosciuto dall‘International Boxing Hall of Fame come uno dei più grandi pugili di ogni tempo, e il bianco venuto da lontano, il giovanotto su cui nessuno avrebbe scommesso una vittoria. Eppure Benvenuti vinse ben due dei tre incontri contro Griffith nel magico Madison Square Garden di New York, trionfi che lo incoronarono re dei Pesi medi, campione mondiale WBC e WBA.

Griffith e Benvenuti

Tesi e Antitesi di una stessa sintesi, direbbe un hegeliano, perché Griffith e Benvenuti sono stati il completamento l’uno dell’altro nella lunga spirale dell’esistenza, sia sportiva che non. Benvenuti oggi non sarebbe probabilmente visto come una vera e propria star del mondo agonistico senza il suo storico nemico, ed è pur vero che alla fine “non puoi non diventare amico di un pugile con cui hai diviso la bellezza di 45 round” (Nino Benvenuti). Griffith divenne quell’amico nato dal rispetto per un grande avversario e una brava persona, un atleta che nonostante la capacità di tirar pugni, ha spesso avuto bisogno di essere difeso. Benvenuti stette sempre dalla parte dello statunitense, appoggiando le sue scelte, come quella di dichiarare apertamente la propria omosessualità, e proteggendolo in uno dei momenti più tragici della vita di Griffith, quando i suoi diciotto colpi sul viso di Paret portarono l’avversario alla morte.

Emile Griffith e Benny Paret

Se – come scrive Giovanni Papini – è vero che in ogni amico v’è un nemico che sonnecchia, non potrebbe darsi che in ogni nemico vi sia un amico che aspetta la sua ora?
Lo sport è un universo nel quale da un pugno può nascere il rispetto, da uno scontro può sorgere l’empatia. Difficile dire quando avvenne il passaggio da nemico sportivo numero uno ad amico. Il fatto che Griffith fu scelto come padrino di cresima del figlio di Benvenuti è solo una minima dimostrazione di quanto avvenne in seguito, quando Emile si trovò a dover disputare round ben più temibili di quelli affrontati nella sua carriera da pugile. Le gravi difficoltà economiche, dopo aver donato i suoi guadagni alla madre, ai fratelli, agli amici; l’Alzheimer, o sindrome da demenza pugilistica, una malattia che gradualmente colpisce (in tutti i sensi) corpo e mente; la necessità di un sussidio dei servizi sociali, perché “negli Stati Uniti potevi morire senza un’assicurazione medica” (Benvenuti). Furono questi i match in cui Benvenuti si trovò a combattere al fianco dell’ex avversario. Raccolta fondi, iniziative di beneficenze, cordate di solidarietà, ricerca di sponsor per aiutare quel pugile che, tra tanti a cui rivolgersi, aveva scelto Benvenuti, il bianco d’oltreoceano che gli aveva strappato il titolo mondiale.

Griffith muore a 75 anni accompagnato dalle parole di Nino per il quale “questa morte è un dolore immenso; Emile è stato un grande avversario, un campione di correttezza che ha dato un’immagine pulita alla boxe”.
È vero dunque ciò che scrive William Hazlitt, che “non avrà mai veri amici chi teme di farsi dei nemici”, magari perché uno tra quei nemici potrà diventare, un giorno, il tuo Miglior Amico.

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