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Italrugby, post-Fiji: la mischia reagisce, la difesa sparisce

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Una vittoria che non può soddisfare. Le scorie del post Italia-Fiji sono molteplici per Jacques Brunel, alle prese nuovamente con tanti, troppi, problemi da risolvere e con poco tempo a disposizione. Tra una settimana, a Roma, arriva l’Argentina ma, soprattutto, tra due mesi e mezzo si entrerà nel vivo con il Sei Nazioni, molto più vicino di quanto si possa pensare. E le note liete, per il ct transalpino, appaiono sempre più schiacciate dagli attuali punti deboli.

COSA VA

Intensità offensiva: nonostante la poca qualità e la scarsa lucidità in alcuni frangenti, gli azzurri hanno continuamente impensierito la difesa figiana con ripetuti attacchi multi-fase, logorando le resistenze avversarie fino a trovare il varco giusto anche dopo minuti e minuti di assalto. Un passo in avanti importante dal punto di vista della determinazione e dell’autorevolezza, malgrado in nessuna azione sia emerso un vero e proprio gameplan.

Fasi statiche: il punto debole più evidente delle nazionali pacifiche, Fiji comprese, è la poca competitività nelle fasi di conquista, in particolare in mischia chiusa ed in touche. Dei ‘buchi’ d’organizzazione in cui l’Italia si è infilata con assoluta maestria, trascinata da un pack finalmente performante dopo le difficoltà del match contro l’Australia e da un lineout in cui Bernabò e Zanni non hanno avuto rivali. Due momenti della partita fondamentali per la vittoria finale.

COSA NON VA

Difesa colabrodo: è il caso di dirlo, si sta toccando il fondo. Concedere tre mete su altrettante ripartenze (o quasi) dai loro 22 è un dato a dir poco aberrante, che non dovrebbe appartenere ad una squadra che faceva della fase difensiva uno dei suoi capisaldi. A preoccupare maggiormente è il collettivo, senza la benché minima organizzazione nei movimenti e fin troppo lento nei riposizionamenti, musica per la velocità dei trequarti figiani; difficile, di questi tempi, contare anche sull’efficacia dell’1 vs 1, in cui gli azzurri vengono puntualmente battuti.

Tattiche rivedibili: dall’insistenza nel cercare l’offload all’ostinazione nell’allargare il gioco. Con scelte tattiche diverse in determinati momenti della partita, la Banda Brunel avrebbe probabilmente chiuso il discorso-Fiji con parecchi minuti d’anticipo e, nel finale, senza dover rimettere in discussione tutto. In particolare nel secondo tempo, dopo la mete di punizione e di Vosawai, sarebbe stato sufficiente ‘congelare’ l’ovale e nasconderlo agli isolani, anche alla luce della loro indisciplina. E, invece, si è voluti insistere nell’affrontare a viso aperto, ma con molte meno energie, un avversario pronto ad aspettarlo al varco.

Incapacità di soffrire: perso l’abbrivio giusto, negli ultimi 10 minuti gli azzurri si sono rintanati nei propri 22 per cercare di respingere i carro armati figiani, a caccia di un’impossibile rimonta. Ci si attendeva una risposta forte e decisa da parte della trincea azzurra, apparsa invece smarrita e senza la carica agonistica adatta per erigere il più classico dei muri in situazioni del genere, tanto da concedere ben due mete in 3′, senza soffrire alcunché. Un atteggiamento tutt’altro che incoraggiante.

Foto: AFP

daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

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