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Ciclismo: Fabrizio Macchi in cattedra a Milano (con video)

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MILANO – Una lezione particolare, mercoledì pomeriggio, per gli studenti del corso post-laurea della facoltà di Scienze Motorie all’Università degli Studi di Milano: a tenerla, Fabrizio Macchi, in un’aula di via Venezian esattamente confinante con quell’Istituto dei Tumori dove il corridore varesino passò quasi tre anni della sua adolescenza a combattere con il cancro.

Ci sono personaggi del mondo dello sport che hanno lasciato una traccia importante” – lo introduce il professor Arsenio Veicsteinas, del Dipartimento di Scienze Biomediche, presentandolo come un esempio concreto di come si possa fare attività sportiva ad altissimo livello pur privati di un arto (la parte del corpo che solitamente ospita la maggior quantità di massa muscolare) e addirittura, nel suo caso, del lobo inferiore del polmone destro. “Ho una bella dose di culo a essere qui“, racconta Fabrizio con la consueta ironia prima di accennare brevemente alla sua storia, che abbiamo già raccontato in questa intervista; al di là della straordinarietà della sua vicenda umana, è però quella sportiva ad affascinare maggiormente gli studenti di questa facoltà, in particolare tutto ciò che concerne la preparazione fisica, i dati fisiologici e la meccanica dello sport. Ecco quindi che Fabrizio parla della particolare preparazione svolta in strada, a secco e persino nelle gallerie del vento di Maranello e del Politecnico per mettere a punto la posizione in bicicletta migliore che possa garantire la massima aerodinamicità: una postura, oltretutto, in grado di ridurre al minimo il “tempo morto” della pedalata, particolarmente significativo nel caso di un arto solo, raggiunta con un grande lavoro sulla caviglia, sul polpaccio e sui dorsali. Si tratta dei muscoli solitamente interessati quando ci si alza sui pedali e si va in fuorisella, ma nel suo caso costantemente stimolati per rendere alla perfezione.

L’eccezionalità del corpo di Macchi risiede anche in una serie di dati che gli hanno permesso, nel corso degli anni, di praticare sport diversissimi in quanto a meccanismi energetici e a muscoli coinvolti: dal gigante al ciclismo, dall’atletica al canottaggio, l’atleta lombardo ha mischiato discipline che nulla c’entrano l’una con l’altra, ottenendo risultati incredibili in ciascuna di esse. Questo perché ha, ad esempio, una frequenza cardiaca massima di 215 battiti al minuto, con la capacità di rimanere ad una soglia di 180-190 per un’ora; anche i suoi massimali di consumo dell’ossigeno e di ventilazione polmonare sono di tutto rispetto, anzi costituiscono “qualcosa di inusuale” , come afferma il professor Veicsteinas.

Gli studenti trascrivono ogni dato e memorizzano ogni parola di Fabrizio, traendone un insegnamento più importante degli altri: indipendentemente dall’handicap di una persona, il percorso da fare, la preparazione e soprattutto il modo di interagire con lui devono essere esattamente identici a quelli utilizzati con un qualsiasi atleta. E i risultati, come dimostra la sua carriera, vengono di conseguenza.

Ecco il video proiettato all’inizio della lezione, che riassume la sua storia straordinaria:

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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