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Cinque Cerchi di Neve: Zeno Colò, l’oro dell’Abetone (con video)

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C’era stata di mezzo la guerra. Avevo disputato qualche gara in Svizzera, dove ero riuscito a rifugiarmi. Correvo con il soprannome di Blitz, lampo in italiano perché i miei non avessero noie…Gli americani mi chiedevano dove mi allenassi in Italia. Vicino a Firenze, rispondevo io. Loro ridevano come matti, come se raccontassi cose impossibili. Per gli americani sci voleva dire Austria, Svizzera, Francia…” (Zeno Colò in “Storie di Medaglie-gli ori olimpici italiani”, a cura di Giampiero Spirito, edizioni Bolis)

Effettivamente, ancora oggi, se si pensa allo sci in Italia, si immaginano le incontaminate vallate alpine. Dimenticandosi dell’altra metà del cielo, di quegli Appennini che, forse, su un piano quantitativo non hanno mai sfornato moltissimi atleti, ma sul piano qualitativo se la giocano con le Alpi: Alberto Tomba e Giuliano Razzoli sono altre due medaglie olimpiche di queste zone. E poi, appunto, c’è Zeno Colò.

Zeno nasce all’Abetone, nella Montagna pistoiese, il 30 giugno 1920. Lo sci diventa da subito qualcosa in più di un semplice hobby: a 14 anni inizia a gareggiare, a 15 entra in nazionale. Ma la guerra chiede il suo conto ad una generazione intera: a Cervinia fa parte della Pattuglia Sci Veloci assieme al maestro Gigi Panei, che poi andrà in Russia insieme al leggendario battaglione sciatori “Monte Cervino”. Si rifiuta di aderire alla Repubblica Sociale Italiana ed emigra in Svizzera, dove si lancia a velocità folli senza casco e con un maglione di lana caprina come “tuta aerodinamica”. Ma proprio a Cervinia, una volta che le armi vengono messe a tacere, Colò stabilisce il nuovo record nel mondo sul chilometro lanciato: 160 km/h, siamo nel 1947 e il ragazzo toscano, a 27 anni, può iniziare ufficialmente la sua carriera internazionale, dopo aver già collezionato titoli nazionali nell’anteguerra.

Olimpiadi 1948, St.Moritz: una caduta lo estromette dalla discesa, in slalom è lontano dai migliori. Zeno si riprende, vince la già storica libera di Wengen, e vola in America, ad Aspen, per i Mondiali 1950. Nella località del Colorado, oggi, uno dei ristoranti più famosi si chiama “Abetone”: questo perché Colò fa qualcosa di incredibile. Oro in libera su uno dei tracciati più difficili della storia, oro in gigante (per la prima volta nel programma iridato), argento in slalom: le sue vittorie arrivano puntuali all’orecchio dei compaesani pistoiesi, che si autotassano per comprargli una Fiat Topolino ed alimentare il mito.

Ma l’impresa più bella di Zeno, fumatore accanito che visse gli ultimi anni con un solo polmone, è sulla pista Norefjell, sopra Oslo, dove si tengono i Giochi Olimpici Invernali 1952, validi anche come Campionato del Mondo. 2’30” di discesa ad una media di oltre 60 km/h; il toscano conosce ogni dettaglio del tracciato, ripercorso a piedi, metro dopo metro, durante la notte. Il secondo classificato, l’austriaco Otmar Schneider, chiude a oltre 2”; Colò è mito, Colò è leggenda. Colò è innovazione: per la posizione a uovo che sperimenta, primo in assoluto, alla ricerca della massima velocità; perché lega il suo nome ad uno scarpone e ad una giacca da sci, e questa sponsorizzazione, negli anni Cinquanta, lo fa considerare un professionista e gli costa una lunga (e oggi incomprensibile) squalifica. Non mancano mai le amarezze, nella vicenda di un campione.

Ecco un video delle sue imprese:

http://youtu.be/gAEHjZd6FPE

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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