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‘Cogito, ergo sport’: Jorge Lorenzo, un proiettile lanciato nel futuro

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“La magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità”.
Filippo Tommaso Marinetti

Il fascino della velocità risiede nel suo essere dirompente, nell’abbattere i canoni della normalità, armonizzando il brivido dell’incertezza con il controllo di sé, il movimento del proprio corpo con la staticità di ciò che è fuori, la relatività del moto con l’ “assoluto che la velocità onnipresente ha creato” (Manifesto del futurismo, 1909).

Quando si viaggia a 350 Km/h su una moto non cambiano soltanto il tipo di guida rispetto al comune utilizzo di uno scooter, il casco utilizzato, le ruote, il motore; cambia innanzitutto la percezione, il senso delle proporzioni, la visione del mondo, il rapporto tra lontano e vicino, il contatto con le cose e con l’aria.

Tutto succede molto veloce: quando guardi la prossima curva, la prossima curva è già arrivata e devi guardare la seguente”.
Si chiama Jorge Lorenzo Guerrero e dall’età di tre anni la sua vita viaggia ad una velocità inconsueta, si direbbe anormale. Gran Premio del Portogallo nel 2008, campione del mondo della Moto GP nel 2010 e nel 2012.
Pilota  spagnolo della Yamaha,  Lorenzo è il più giovane ad aver partecipato ad un GP Mondiale, lui che ha sempre avuto la passione per la moto, l’oggetto che permette all’uomo di diventare un lampo, di perdersi dietro una curva prima ancora di poterla pensare. 

Jorge Lorenzo

Ho sempre pensato che la cosa migliore è non pensare molto quando sei nella moto. È come quando si balla con una ragazza: tutto molto istintivo”.
È questa la differenza principale tra il guidare su strada e il gareggiare: nel primo caso la velocità deve essere controllata, i gesti pensati, le manovre studiate; quando si governa una moto che invece di correre tende quasi a volare è diverso, perché lo spazio e il tempo vengono ridefiniti, la strada assume un altro aspetto, le curve compaiono in una successione quasi simultanea.
Le percezioni del pilota sono le stesse che il filosofo Walter Benjamin attribuisce allo spettatore dinanzi a un film. Come un proiettile, il cinema irrompe nella realtà scardinandola, aprendo uno spazio diverso dall’usuale, modificando la visione che l’individuo ha delle cose. È la velocità a creare tutto questo perché destruttura il mondo per poi ricomporlo in forme diverse.

Essa rivela l’inconscio ottico, quella sorta di istinto irrazionale messo in moto solo in particolari circostanze. Il pilota vede le immagini cambiare come le scene di un film o gli spazi di un videogioco. È questa esplosione di sensi, quest’effetto-dinamite, questa particolare forma di irreale realtà a permettere al motociclista/spettatore di agire in una maniera di conscia istintività e distratta concentrazione.

Il panorama durante una gara deve apparire ai motociclisti come il treno di Turner che viaggia tra “Pioggia, vapore e velocità”, una velocità capace di innestare una nuova realtà, apertasi col rombo di una moto.
Nessun tempo per riflettere, nessun tempo per aver paura di scivolare, cadere, perdere, morire. Come in ogni sport, la commistione tra il pensato e l’irrazionale lascia spesso prevalere il secondo perché, nel momento della corsa, “il pensiero viaggia alla velocità del desiderio” (Malcolm de Chazal) e per chi, come Lorenzo, ha le più alte ambizioni, è naturale correre oltre i limiti del ragionato, sfrecciando verso un luogo già superato, un istante già trascorso, un futuro che è già passato.

W. Turner, “Pioggia, vapore e velocità”

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