Artistica
E lo SPORTIVO ITALIANO 2013 è… Jessica Rossi. La nostra top ten azzurra
Giorni di festa, San Silvestro si avvicina, il momento giusto per stilare i bilanci dell’anno che se ne va. E per premiare i migliori atleti della stagione che sta per concludersi.
La redazione di Olimpiazzurra si è riunita e ha partorito delle speciali classifiche. Ora è il turno del premio più importante: lo SPORTIVO ITALIANO DELL’ANNO 2013, ovviamente senza alcuna distinzione di sesso. Questa la nostra top ten.
Jessica Rossi è la miglior sportiva italiana del 2013 secondo Olimpiazzurra. All’unanimità, senza discussioni e con pieno merito. L’emiliana continua sull’unica strada che conosce, quella delle Campionesse, quelle delle Dominatrici, sul selciato della vittoria, incontrastata, schiacciante, entusiasmante. A soli vent’anni ha trionfato ovunque, in giro per il Pianeta del tiro a volo, con un talento innato e cristallino, pronta a decenni e decenni di successi nel suo amato trap.
Una stagione da incorniciare con un triplete leggendario: Giochi del Mediterraneo, Europei, Mondiali. Lasciando le briciole alle avversarie, conquistando addirittura il secondo iride in carriera (a quattro anni dall’impresa di Maribor), spiccando per dolcezza e grazia, unite a un’aggressività impressionante, a un grilletto da maestra, a una precisione da brividi.
Dopo l’oro olimpico, con tanto di Record del Mondo (99/100), imbattuta da tempo immemore, ineguagliabile e superlativa.
Disintegra i piattelli, si destreggia in piazzola, granitica, occhi di ghiaccio capaci di entusiasmare una Nazione, in grado di perdersi nei suoi occhi che incantano le armi.
Al secondo posto Vincenzo Nibali. Lo squalo di Messina è riuscito finalmente a consacrarsi al Giro d’Italia, conquistando la corsa rosa per la prima volta in carriera e realizzando così il suo sogno d’infanzia. Il siciliano ha dominato in lungo e in largo sulle strade del Bel Paese: conquista la rosa al termine del’ottava tappa, indossa il simbolo del primato dopo tre anni di digiuno, poi va via in scioltezza, incontrastato e infliggendo distacchi che suonano come delle sentenze da Re del pedale.
Non pago, decide di scrivere una delle pagine più belle della storia del ciclismo e dalla Tre Cime di Lavaredo spedisce una cartolina da leggenda, in bianco e nero, nitida come il suo talento immacolato. Sotto una neve candida, uno Squalo si mangia i tornanti, si disseta con il pianto ghiacciato del cielo, mette d’accordo gli Dei della bicicletta e pone il sigillo sul suo Giro. In tanti l’hanno definitiva l’impresa azzurra dell’anno.
Cerca uno storico bis alla Vuelta a Espana, per infilare la seconda grande corsa a tappe consecutiva e per replicare il successo del 2010 in terra iberica, ma sulla sua strada trova un inaspettato vecchietto che pesca le tre settimane della vita: Chris Horner, a 42 anni suonati, sale sul gradino più alto del podio.
A Firenze, nei Mondiali di casa tanto attesi e disegnati a misura su di lui, cade, si rialza, ricuce il distacco dal gruppo, attacca. Poi, nel finale stranissimo, si deve inchinare di fronte alla tattica suicida della Spagna e all’invenzione di Rui Costa.
Al terzo posto Clemente Russo. Il nostro Tatanka, indomabile, granitico: due pugni da cacciabombardiere, due spalle da macho, il coraggio di un Leone, il carisma di un totem, potenza d’acciaio, occhi della tigre. Il pugile di Marcianise regala spettacolo ad Almaty, Rocky nell’Est, sfoggia una classe senza eguali, lustra la voglia di un ragazzino, inscena un torneo perfetto, si laurea Campione del Mondo senza perdere nemmeno una ripresa, solo come i veri Campioni sanno fare, inscalfibili da avversari demoliti dall’inizio alla fine.
A trentun anni torna sul tetto del Pianeta, ripetendo l’impresa di Chicago 2007 e confermandosi come uno dei più grandi talenti della boxe dilettantistica a livello universale. Con simpatia, senza mai darsi arie, convinto nei suoi mezzi, ma mai sbruffone, diffonde una bella immagine dell’Italia all’estero.
Al quarto posto Arianna Errigo. La monzese è uno dei più grandi talenti del nostro sport. Ha solo venticinque anni, ma sale ininterrottamente sui podi internazionali dal 2009. Certo, mai vincente nelle grandissime occasioni.
Il gradino più alto stava diventando un complesso per Ari che nel 2013 decide di buttare al vento la coperta di Linus, di portare in banca il suo talento da predestinata e di riscuotere tutti gli arretrati. A Budapest è indomabile, nessuna ha il suo passo, è un caterpillar con il fumo degli occhi, senza timori reverenziali asfalta chiunque incroci con lei il fioretto. Si prende il lusso di sconfiggere l’immensa Valentina Vezzali, al rientro dalla maternità, icona della specialità, e nelle fasi calde nessuno la tiene più: semplicemente, Campionessa del Mondo!
Al quinto posto Federica Pellegrini. Cara Divina, fortuna che doveva essere una stagione interlocutoria, vero? Quando si è vincenti di natura, lo si rimane sempre: non esiste lo stile del gambero, per chi è abituata a toccare la piastra per prima, per la “Donna sola al comando” delle vasche.
La Campionessa di Spinea ritorna con Lucas, si rimette agli ordini del mago francese che la riporta ai livelli che le competono, ma decide di cimentarsi nei 200m dorso e abbandonare momentaneamente l’amato stile libero. A schiena in giù nessuno le chiede nulla, non ci sono le pressioni, si libera la mente dai quinti posti di Londra 2012, ci si rigenera psicologicamente e fisicamente, mentre si nuota si rivolgono gli occhi verso il cielo.
Conclude al nono posto alle semifinali del Mondiale e a quel punto decide di salvare l’Italia, che stava letteralmente affogando a Barcellona. Riveste il costume e si butta sui 200m stile libero, con grandissima sorpresa, saltata fuori solo all’ultimo secondo, sbucata fuori nelle starting list della notte. E lì la Fede nazionale realizza una delle più grandi imprese del sport azzurro della stagione. Con bracciate impeccabili, uno stile ineguagliabile, conquista una pazzesca medaglia d’argento, inchinandosi solo di fronte all’immenso talentino a stelle e strisce che porta il nome di Missy Franklin.
Agli Europei di Herning non c’è storia, torna a vincere anche in vasca corta, fa il vuoto sui 200m e conferma candidamente: “Sono la numero 1 d’Europa!”. E speriamo che lo ri-diventi anche del Mondo.
Al sesto posto Tania Cagnotto. Una stagione irripetibile, la migliore della carriera per la bolzanina, dopo la botta del doppio quarto posto alle Olimpiadi. Non ci sono ritiri che tengono, non ci sono addii all’orizzonte, non si può abbandonare quando si ha ancora così tanto da dare. Cinque medaglie internazionali, una stella che brilla, un faro del movimento, esempio per dolcezza, caparbietà, solarità e bravura. Agli Europei di Rostock è un dominio facile facile: oro da un metro, oro nel sincro con la Dallapè (il quinto consecutivo!), argento nel trampolino da tre metri, allarga il palmares a 19 medaglie continentali e supera lo storico record del grandissimo Dmitri Sautin, lo Zar capace di dominare il diving per vent’anni.
A Barcellona, però, il cigno volante sta per riscrivere la storia, firmando una leggendaria impresa per la storia dei tuffi azzurri. Sul trampolino da un metro balza al comando dopo il secondo tuffo, vola via, sogna a occhi aperti, ci tiene lì incollati ma ancora una volta il destino si abbatte contro di lei. Ci pensa la cinese He Zi, questa volta, a soffiarle la medaglia d’oro per dieci dannati centesimi di punto… Arriva comunque un argento storico, il primo iridato (a livello individuale) per l’Italia. Si replicherà nel sincro (sempre con Dallapè), per poi chiudere al quarto posto la gara dai tre metri.
Al settimo posto Vanessa Ferrari. Araba Fenice della ginnastica artistica, indomita reginetta della Polvere di Magnesio, cuore da Leonessa, fame di vittorie da Cannibale, amore sfrenato per il suo sport. Dal pianto di Londra, per il furto della sua medaglia di bronzo, a un nuovo incredibile successo di una carriera infinita e ormai entrata nella storia.
Super Vany incanta Anversa, tiene una lezione magistrale sul suo quadrato magico, annichilisce una concorrenza spietata e conquista un meraviglioso argento al corpo libero, dietro solo all’acrobatica inarrivabile di Simone Biles.
Questa è una Ferrari eterna, capace di ritornare sul podio iridato sei anni dall’ultima volta (un tempo immemore in questo sport); sono passate sette stagioni da quell’indimenticabile notte di Aarhus che la incoronò Reginetta per un giorno, per un anno, per tutta la vita, ma lei è ancora qui a dettare legge, a sfidare ragazzine con una tecnica sopraffina, senza mollare mai. Nessuno la frena: non ci sono giudici che tengano, non ci sono infortuni che la spezzino.
Ai Giochi del Mediterraneo diventa la donna italiana più medagliata di sempre, grazie ai quattro podi di Mersin (ori a squadre, individuale, corpo libero; bronzo trave). In Coppa del Mondo conquista due eccellenti terzi posti e ora, per poter affermare di essere salita su tutti i podi possibili, gli manca solo l’ultima missione per incoronarsi definitivamente. Rio de Janeiro la aspetta.
All’ottavo posto Martina Grimaldi. Semplicemente la più grande fondista del nostro Paese. Dopo il bellissimo bronzo a Londra 2012 (che aveva salvato la spedizione del nuoto, non dimentichiamolo) si inventa una 25km stellare ai Mondiali. A Barcellona conduce una gara meravigliosa, oltre cinque ore nel porto della capitale catalana, a spintonarsi con il meglio della specialità, sulla distanza più massacrante. Lo sprint finale, regale, intelligente e geniale, la premia con l’oro che meritava assolutamente, per confermarsi nelle posizioni che le spettano dopo le due delusioni delle distanze brevi (settima sui 5km, 12esima sui 10km).
Al nono posto Elisabetta Sancassani e Laura Milani (ma per loro abbiamo riservato una bella sorpresa in un’altra categoria di premiati…). Le due ragazze firmano un’autentica impresa, un dominio imbarazzante, frutto di duri allenamenti, di affiatamento, di una crescita costante, espressione di un canottaggio totalmente rinato dopo la brutta spedizione olimpica.
D’azzurro vestite, colpo su colpo, metro dopo metro, colpo dopo colpo, portano la loro imbarcazione (il due di coppia pesi leggeri) a un fantastico oro. Campionesse del Mondo! Mai, mai, mai nessuna donna azzurra si era spinta a così tanto. Espressione del movimento rosa, delle donne che spesso ci salvano nelle sport, capaci di asfaltare gli Stati Uniti d’America con oltre tre secondi di vantaggio, di affondare la Germania di cinque secondi. Meravigliose.
Al decimo posto un pari merito tra due “vecchietti” dello sport azzurro: Giovanni Pellielo e Valeria Straneo, entrambi piemontesi, ottanta primavere in due.
Lui, a 43 anni suonati, imbraccia ancora il fucile come fosse un ragazzino, lo stesso che dominava a metà anni ’90, e si involava verso il clamoroso quarto titolo mondiale della carriera addirittura diciotto anni dopo la prima volta, nella stessa Lima che lo incoronò per la seconda volta, quindici anni dopo l’ultimo oro iridato, dieci stagioni dopo l’ultima medaglia mondiale.
Lei, a 37 anni, si inventa l’impresa della vita. Sotto la cappa d’umidità di Mosca, tra le strade della capitale russa, comanda la Maratona per 40km; non molla mai la prima posizione, demolisce la spietata concorrenza colpo su colpo, rilanciando, controllando, distacca le gazzelle africane una a una, toglie di mezzo le asiatiche, rimane sola con la Kiplagat e si inchina solo di fronte alla potenza innata della keniota: argento mondiale, unica medaglia italiana della spedizione, salvatrice dell’atletica italiana.
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MARIO82
26 Dicembre 2013 at 12:40
Avrei messo più in alto in classifica (prima della Pellegrini) Martina Grimaldi e Tania Cagnotto.
La prima perchè e’ stata l’unica atleta azzurra a vincere l’oro a Barcellona in uno sport che sta diventando sempre più competitivo e la seconda perchè ha sfiorato l’impresa leggendaria di vincere l’oro battendo tutte le cinesi in uno sport super difficile e competitivo come i tuffi oltre ad essere stata l’unica a vincere due medaglie.
Inoltre avrei messo più in alto in classifica Elisabetta Sancassani e Laura Milani , anche loro autrici di un’impresa storica.
Mentre mi sembra francamente esagerato il secondo posto di Nibali visto che oltre al Giro (Dove e’ stato assolutamente splendido) non ha vinto molto altro , venendo battuto alla Vuelta da un ultraquarantenne (prestazione che ha lasciato molto perplessi) , per poi non riuscire ad andare oltre il quarto posto nello splendido scenario di Firenze , denunciando secondo me un po’ i suoi limiti nelle corse di un giorno. Forse io se proprio avessi dovuto scegliere il migliore dell’anno avrei detto Arianna Errigo che se non sbaglio e’ l’unica ad aver vinto due ori in specialità olimpiche peraltro.
Un posto in classifica a mio avviso l’avrebbero meritato anche Petra Zublasing , Niccolò Campriani e Andrea Amore che hanno vinto la Coppa del Mondo di tiro a segno (impresa pazzesca nella nazionale azzurra che non aveva mai vinto nella carabina e ne aveva vinte cinque in tutto prima di quest’anno).
Infine sempre a mio modesto parere certamente Dominik Paris avrebbe meritato un posto in classifica avendo vinto la più grande classica di discesa libera e l’argento mondiale (senza dimenticare le tre vittorie di Innerhofer in coppa) e poi spero di non essermi dimenticato nessuno.
Federico Militello
26 Dicembre 2013 at 17:25
Il bello di queste classifiche è proprio la loro soggettività…Fortunatamente, pur non essendo stato un anno memorabile, lo sport italiano gode di buona salute ed abbiamo dovuto compiere delle scelte…