Editoriali

‘Italia, come stai?’: Sochi 2014, top10 obiettivo (quasi) impossibile

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Per 13 volte nella sua storia (su 21 edizioni) l’Italia ha chiuso tra le prime 10 del medagliere alle Olimpiadi invernali. In particolare ciò ha rappresentato una piacevole consuetudine dal 1984 al 2006, dunque per ben sette edizioni, con l’apice toccato in occasione di Lillehammer 1994, quando il Bel Paese giunse addirittura quarto con 20 medaglie e ben 7 ori.

Quattro stagioni fa, tuttavia, l’Italia usciva dall’elite planetario degli sport invernali. Tra veterani ormai sul viale del tramonto e giovani non ancora pronti a prenderne l’eredità, a Vancouver arrivò un mesto sedicesimo posto con appena 5 medaglie ed il solo oro di Giuliano Razzoli in slalom. Davanti a noi persino nazioni come Australia e Polonia…

Per trovare un’Olimpiade peggiore di quella canadese bisogna tornare indietro addirittura a Lake Placid 1980, quando il medagliere finale ci vide tredicesimi con appena due argenti.

Cosa aspettarci, dunque, dagli imminenti Giochi di Sochi 2014? A Vancouver, per entrare nella top10, servirono 4 medaglie d’oro. Considerando che in Russia saranno presenti nuove discipline, è presumibile che per installarsi tra le magnifiche 10 potrebbero servire cinque allori del metallo più pregiato. Una possibilità che, in verità, sembra fuori portata per l’Italia.

A differenza di altre nazioni, la nostra spedizione non potrà fare affidamento sulle cosiddette ‘medaglie sicure’ che solo i fuoriclasse assoluti sanno garantire (e che, ad esempio, abbiamo negli sport estivi con scherma e tiro a volo). L’Italia può contare su diverse punte ed atleti di caratura mondiale, su tutti Arianna Fontana, Dominik Paris, Dominik Fischnaller, Armin Zoeggeler, Michela Moioli e Roland Fischnaller, ma tutti dovranno fare i conti con una concorrenza agguerritissima. In sostanza, gli atleti citati potrebbero anche vincere, ma non è affatto detto che accada. All’Italia, per capirci, manca il ‘dominatore’, come possono esserlo ad esempio i francesi Martin Fourcade (biathlon) e Jason Lamy-Chappuis (combinata nordica), gli americani Hannah Kearney (moguls), Ted Ligety (sci alpino) e Shani Davis (speed skating), la norvegese Marit Bjoergen (sci di fondo) e tanti altri.

5 ori, dunque, appaiono francamente utopistici per l’Italia, aggiungendo la crisi irrefrenabile di alcuni settori come combinata nordica, sci di fondo e bob. Più fattibile, invece, la conquista di 7-8 medaglie complessive (magari con 2 ori) ed una posizione da top15 in un contesto mondiale che, da Salt Lake City 2002, risulta ad ogni edizione più competitivo.

Tornando agli sport che annaspano, viene da chiedersi come sia possibile che l’Italia stia gettando letteralmente alle ortiche un fenomeno come Alessandro Pittin. Un ragazzo che a 20 anni saliva sul podio a cinque cerchi, che a 22 infilava 3 vittorie in 3 giorni in Coppa del Mondo e che ora, dopo una serie sfortunata di infortuni, non riesce a ritrovarsi, piombato insieme a tutta la squadra in un tunnel apparentemente senza uscita nel salto dal trampolino da ormai due stagioni. Il non riuscire neppure a superare il Provisional Competition Round (che promuove i migliori 50 alla gara) la dice lunga sulle condizioni attuali della combinata nordica nostrana, ripiombata tristemente nell’anonimato dopo alcune stagioni che avevano lasciato presagire un boom poi mai avveratosi.

Particolarmente desolante anche la situazione dello sci di fondo, dove i risultati delle staffette a Lillehammer (diciassettesime le donne, decimi gli uomini) spiegano molte cose. Se in campo maschile, però, ci sforziamo di essere ottimisti ed attendiamo con fiducia una crescita in vista del Tour de Ski da parte dei vari Pellegrino, Clara, Di Centa, Hofer e Noeckler, al femminile il gap dalle superpotenze pare ampliarsi anno dopo anno, segno che probabilmente non si sta lavorando nella direzione giusta. L’imminente rientro di Debora Agreiter non potrà di certo rivelarsi risolutivo, né tanto meno sarebbe corretto riporre troppe responsabilità in una ragazza reduce da un infortunio piuttosto serio. Ok, i tempi di Belmondo, Di Centa, Parussi, Follis, etc. sono passati e non è detto che tornino. Ma è possibile che una nazionale come l’Italia arranchi costantemente nelle retrovie come una qualsiasi ultima arrivata?

Che dire poi del bob, specialità in cui l’Italia, come peraltro accade per alcune discipline estive come il ciclismo su pista, guarda al passato con grande nostalgia. Malgrado un bob Ferrari che ha offerto riscontri positivi, il problema atavico di Simone Bertazzo resta da ormai tre stagioni la fase di spinta. Con un divario costantemente di 2 decimi dai primi sin dalla partenza, recuperare risulta impossibile ed i piazzamenti al di fuori della top10 ne rappresentano una naturale conseguenza.

Nel complesso, dunque, ci aspetta un’Olimpiade difficile, dove il nostro obiettivo realistico sarà quello di agguantare una top15 nel medagliere finale. Un risultato migliore assumerebbe i contorni del miracolo sportivo.

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federico.militello@olimpiazzurra.com

1 Commento

  1. richita

    9 Dicembre 2013 at 13:22

    Molto giusta quest’analisi e quindi la domanda è: Come mai ci siamo ridotti cosi’?Ho letto anche la dichiarazione del presidente del Coni Malagò che dice di essere ottimista per Sochi.Ha ragione o no?

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