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Cinque Cerchi di Neve: Piero Gros e il mito della Valanga Azzurra

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Ricorreva ieri il quarantesimo anniversario della “nascita” della Valanga Azzurra, come ci ha ricordato l’amico Vittorio Savio su fantaski.it: il 7 gennaio 1974, infatti, il gigante di Berchtesgaden vide il trionfo di Piero Gros davanti a Gustav Thoeni, Erwin Stricker, Helmut Schmalzl e Tino Pietrogiovanna, preludio a tanti successi di questi ragazzi che resero quel periodo una vera età dell’oro per lo sci alpino tricolore.

Sarebbero troppi gli aneddoti da raccontare: il solo Thoeni, ad esempio, conquistò  3 medaglie olimpiche, sette mondiali e quattro Coppe del Mondo, durante le quali raccolse 69 podi. Ma forse proprio il mito di re Gustav ha in un certo senso oscurato, seppur involontariamente, tutti gli altri, che componevano una squadra il cui unico eguale realistico nella storia dello sci può essere rappresentato dal Wunderteam austriaco a cavallo tra i due millenni, con i vari Maier, Eberharter, Trinkl, Knauss, Fritz e Joseph Strobl, Schifferer, Rzehak. Ad esempio, di Piero Gros si è sempre parlato troppo poco in relazione ai grandi successi conseguiti.

Gros, appunto. Gros e il destino che mette un grande campione nella stessa epoca storica di altri grandi campioni: pensiamo a Felice Gimondi con Eddy Merckx, tanto per citare un caso. Gros ne trova addirittura due di grandi campioni sulla sua strada: uno è chiaramente re Gustav, l’altro è Ingemar Stenmark, senza troppi indugi il più straordinario sciatore della storia.

Gros che nasce a Sauze d’Oulx, impropriamente italianizzato in Salice d’Urzio, nel 1954, là tra Piemonte e Francia. Gros che diventa subito il più giovane vincitore di una gara di Coppa del Mondo, nel gigante di Val-d’Isère, il giorno dell’Immacolata 1972, pettorale 45.
Gros che si ripeterà altre undici volte, tra slalom e gigante, portando a casa anche una Coppa del Mondo assoluta, una di gigante e tre medaglie mondiali.

Una di queste, però, è più bella delle altre. Perché ai tempi le gare olimpiche valevano anche per l’iride, e quell’oro, l’unico delle tre, è dunque un successo assoluto. Arriva nel 1976, a 22 anni: quando però il buon Pierino si sente già vecchio, svuotato, finito; si, perché Gros non è solo talento e vittorie, è anche grande sensibilità, qualche passaggio a vuoto, qualche rimpianto di troppo. Ma quel giorno passa tutto. Innsbruck, Tirolo austriaco, slalom speciale: o è Stenmark, o è Italia, tertium non datur. É Italia, perché Pierino e Gustavo sciano divinamente, perché l’incubo svedese cade nella seconda manche. E’ Italia con Pierino di 44 centesimi davanti a Gustavo, doppietta storica, meravigliosa, indelebile: il bronzo, Willy Frommelt del Liechtenstein, paga quasi un secondo al formidabile piemontese.  É il timbro su una carriera indimenticabile, schiacciata tra altri miti ma ugualmente parte, essa stessa…del mito.

foto tratta da corriere.it

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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