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Cinque Cerchi di Neve: Polig-Martin, la doppietta che non t’aspetti

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Strano destino, quello della combinata (o supercombinata) dello sci alpino: è la disciplina meno amata da atleti, tecnici e pubblico, viene considerata uno strano ibrido tra specialità diverse, obbliga i discesisti a cimentarsi con gli spaventosi-per loro-paletti stretti dello slalom e gli slalomisti a lanciarsi a velocità folli. Poi, diciamo la verità, di polivalenti puri, capaci di competere al top su ogni tracciato, ce ne sono sempre stati relativamente pochi, soprattutto negli ultimi anni.

In Italia, come in molti altri paesi, la combinata non è mai piaciuta, salvo rare eccezioni: eppure, nella storia olimpica abbiamo vinto ben tre ori in questa disciplina, al pari di Stati Uniti, Francia e Austria; eppure, anche in tempi recenti le soddisfazioni non sono mancate, basti pensare all’argento-bronzo firmato da Christof Innerhofer e Peter Fill ai Mondiali di Garmisch 2011. Ma la soddisfazione più bella, bella perché totalmente inaspettata, è datata 1992: Giochi Olimpici di Albertville, Francia. I Giochi di Tomba e Compagnoni? Sì, ma non solo. Anche i giochi di Polig e Martin.

Josef Polig, classe 1968, di Vipiteno. Gianfranco Martin, classe 1970, nato a Genova ma piemontese di Sestriere al 100%. Josef più sorridente, Gianfranco più “fermo”. Joe Speck, per ovvie ragioni culinarie,  e il Martin Pescatore d’argento, se vogliamo trovare un soprannome ad entrambi. Ecco, loro due, in nazionale dalla seconda metà degli anni Ottanta, non si fanno troppa pubblicità; in Coppa del Mondo, il primo chiude spesso nella top ten in ogni specialità, ma gli manca il guizzo, gli manca il podio; mai oltre l’undicesimo posto, invece, il secondo,  proprio in combinata, proprio all’inizio di quel 1992, a Garmisch. Insomma, in pochi scommetterebbero su di loro. Eppure…

Eppure la Face du Bellevarde di Val-d’Isère è una pista tecnica e difficile, in mezzo alle rocce. Si scende con due ore di ritardo, per via di una pesante nevicata; Marc Giradelli, non uno qualunque, salta in libera, assieme all’austriaco Günther Mader. Polig è sesto in libera, Martin avanti di tre decimi; in slalom, Paul Accola sbaglia all’inizio della manche e si autoesclude dalla lotta per il podio, mentre Hubert Strolz, campione uscente, salta una porta nel finale ed è fuori. Polig e Martin sciano bene; non come gli specialisti più puri, che infatti recuperano, ma abbastanza da tenere botta. Col particolare sistema della somma dei punteggi e non dei tempi in vigore all’epoca, Polig è oro, Martin è argento, l’Italia fa doppietta; lo svizzero Steve Locher deve accontentarsi del terzo posto, davanti a Jean-Luc Cretier, Markus Wasmaier e…Kristian Ghedina. Ma chi si ricorda, oggi, di Josef Polig- che poi sfiora un’altra medaglia in supergigante- e Gianfranco Martin? Oggi Josef gestisce un negozio di prodotti tipici a Vipiteno (e lo speck non manca), mentre Gianfranco è un apprezzato maestro di sci che ha fatto molto anche per l’ambiente paralimpico.

Forse ai tempi contava solo Tomba, nel bene e nel male, forse la combinata dello sci alpino non è mai piaciuta agli italiani; eppure, queste medaglie “dimenticate” hanno scritto una delle pagine più belle della nostra storia sportiva. 

foto tratta da raceskimagazine.it

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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