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Ciclismo
Come distruggere uno sport, ovvero Di Luca alle Iene: “Doping e combine, ecco il ciclismo”
Il killer di Spoltore sa ancora sparare. E in questo caso spara addosso al ciclismo, cercando di ferire mortalmente uno sport che tante, troppe croci ha sopportato negli ultimi anni, vittima sacrificale sull’altare di un circo mediatico che altro non cerca al di là di nuovi scandali.
Spara ad alzo zero Danilo Di Luca, primo corridore italiano ad essere radiato, dunque squalificato a vita, perché ha perseverato nell’errore. Errore che, secondo le sue parole anticipate dalla Gazzetta dello Sport (questa sera andrà in onda l’intervista video alle Iene), non è stato quello di assumere sostanze dopanti e di incappare nelle sanzioni, bensì quello di “calcolare i tempi” nell’utilizzo di tali farmaci: “Magari 5 ore prima o 5 ore dopo e non sarei risultato positivo” – racconta in scioltezza. Insomma, un Lance Armstrong in salsa italiana che sembra più pentito “di essersi fatto beccare” piuttosto che di aver commesso, ripetutamente, certe infrazioni.
Spara ad alzo zero, si diceva. “Su 200 ciclisti che partecipano al Giro d’Italia, il 90% si dopa. E il restante 10% non è pulito: semplicemente, non è interessato a fare risultato alla corsa rosa e prepara altre gare“ . Ancora, “qualsiasi ciclista vincente almeno una volta ha fatto uso di doping“. Un doping che, a quanto pare, se assunto secondo le “regole” non fa male al fisico, ma aiuta solamente a migliorare la prestazione sportiva; doping che costa caro (“3/4.000 € una dose di Epo”) e viene consigliato dai medici, i quali chiaramente non prescrivono materialmente le ricette, ma assistono gli atleti nella gestione di queste sostanze.
L’abruzzese non si limita a questo, però. Eccolo illustrare l’esistenza delle bici a motore (“Il motore so com’è fatto. Sono stati inventati credo 5/6 anni fa, si possono inserire dentro la bicicletta, quindi sono molto piccoli. Possono dare 150 watt di potenza”) e ammettere l’esistenza di combine in caso di arrivi con un gruppo ristretto (“Certo che succede: magari c’è un finale di gara con 5 corridori, c’è un corridore che si sente più forte degli altri, perché è più veloce degli altri e parla con un altro corridore che non è un suo compagno di squadra: “Ti do tot se mi tiri la volata. Ti do tot se mi vai a prendere quello che scatta”. Sì, l’ho fatto. E mi hanno pagato), per chiudere col botto: il ciclismo senza doping potrebbe esistere, perché i valori in campo sarebbero gli stessi, ma liberalizzarlo sarebbe la soluzione migliore.
Di Luca come Armstrong, si diceva. Già, una volta che la gloria sportiva se n’è andata per sempre, diventa sin troppo facile sparare contro il sistema di cui sino al giorno prima si faceva parte. Magari può essere la legittima pretesa di raccontare la verità, ma quale credibilità possono avere personaggi del genere? Quanto c’è di vero in queste violentissime parole e quanto di inventato perché, appunto, ai media fa comodo avere un nuovo scandalo tra le mani? Non esiste una risposta a questi interrogativi, o almeno non spetta a noi darla, bensì alle autorità competenti. Esistono però alcune considerazioni che vanno fatte. Il ciclismo è lo sport più faticoso e più massacrante del mondo, e non merita di essere…massacrato più di quanto sia stato fatto finora. Ciò non significa insabbiare tutto, anzi: bisogna proseguire sulla strada della lotta senza quartiere verso quei corridori, dirigenti e medici che praticano l’illecito. Con la certezza, però, che essi non sono e non saranno mai “tutti”, come dice Di Luca e come dicono tanti sportivi da poltrona che considerano il ciclismo la pattumiera dello sport, l’unica disciplina “sporca” a fronte del paradiso, presunto tale, di tutte le altre. Con la convinzione che, se ogni specialità sportiva affrontasse la tematica doping con la stessa serietà al limite del masochismo con cui la si affronta nel ciclismo, l’intero mondo dello sport sarebbe più bello, più sano e più onesto. E non ci sarebbe più bisogno di questi personaggi che vivono pontificando ipocritamente sul “sistema” di cui hanno fatto parte.
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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com
ale sandro
22 Gennaio 2014 at 11:10
Marco Regazzoni, quoto tutto l’ultimo capoverso che hai scritto, soprattutto le parole in grassetto. Sono per me le cose più veritiere di tutto l’articolo e senza ogni dubbio quelle più corrette sull’argomento in questione che abbia letto negli ultimi tempi sul web, commenti vari compresi.
Marco Regazzoni
22 Gennaio 2014 at 11:32
Grazie davvero! Io resto convinto che fare del ciclismo pulito sia possibile, e che molti lo facciano già adesso; non saranno le confessione dei Di Luca, dei Riccò e degli Armstrong, che in qualche modo adesso dovranno pur campare, a farmi ricredere.
pizzoumbro
22 Gennaio 2014 at 10:59
stavolta ha detto la verita’ io da tempo ho smesso di seguire il ciclismo proprio per questo motivo