Rugby
Sei Nazioni 2014: 6 domande ad Antonio Raimondi
E’ da quasi un lustro la voce ufficiale dell’Italrugby in tv e per questo 6 Nazioni, in coppia con l’inseparabile Vittorio Munari, approderà per la prima volta su DMAX a raccontarci il torneo di rugby più antico, prestigioso ed importante dell’Emisfero Nord: stiamo parlando di Antonio Raimondi.
Da grande esperto della palla ovale, qual è, ci ha concesso una chiacchierata in cui si è prestato a rispondere ad alcune domande sull’imminente inizio del 6 Nazioni 2014.
Antonio, alla luce del novembre appena trascorso pensi che l’esordio in Galles sia la cosa peggiore che ci possa capitare?
“Non credo. Si gioca contro l’avversario che si ha davanti indifferentemente da chiunque esso sia. Tanto alla fine bisogna affrontarli tutti, Sul calendario non si ha controllo, quindi in questi momenti serve solo scendere in campo e giocare”.
Brunel, dopo gli ultimi test match, ripiegherà su un gioco più difensivo o cercherà di mantenere quel gioco equilibrato fatto vedere tra la fine del 2012 ed il torneo dell’anno scorso?
“Brunel, in generale, è sempre alla ricerca dell’equilibrio, sia esso difensivo o offensivo. Il tutto sta nella mentalità, nel voler interpretare il “Gioco d’attacco”. Serve, soprattutto, trovare l’efficacia. Inoltre tenderei a scindere il 2013 dell’Italrugby, senza tornare costantemente soltanto su Novembre. Durante il Sei Nazioni i nostri sono nel pieno della forma, a giugno invece arrivano con le pile scariche dopo un’annata stancante, mentre in autunno si cerca di fare il possibile, magari provando anche qualcosa di nuovo”.
Passiamo agli aspetti più tecnici del gioco. La mischia italiana saprà sistemarsi dopo l’introduzione delle nuove regole, con un periodo di adattamento vissuto in sofferenza?
“La mischia migliorerà certamente. Già tra la prima partita (Australia, ndr) e la terza (Argentina, ndr) dell’ultimo tour si è visto qualcosa di sempre più competitivo. Ripeto, l’importante però è rendere produttivi i possessi di palla e fornire piattaforme di gioco all’altezza. L’anno scorso, sempre per rimanere a confrontarsi con aspetti del gioco statico, siamo stati i migliori nelle fasi di conquista in touche, ma a Twickenham abbiamo perso una rimessa laterale che, se vinta, ci avrebbe potuto far fare risultato anche in Inghilterra. E’ necessario centrare i momenti chiave delle partite”.
In cabina di regia, il nostro tecnico pare sia intenzionato a dare fiducia a Tommaso Allan, anche in vista del 2015, pensi sia una scelta condivisibile?
“Questo bisognerebbe chiederlo a Brunel. Allan potrebbe essere inserito sin da subito, ma è certo che manchi di esperienza, un’incognita direi rilevante. Per “bruciare” un giovane ci vuole poco, ma Jacques ha sicuramente la giusta sensibilità. Penso ad esempio ad un ragazzo come Alberto Sgarbi che, lanciato giovanissimo, ha attraversato un lungo periodo di difficoltà prima di ricollocarsi nel suo club e tornare in pianta stabile nel giro azzurro”.
Con la falcidia di trequarti che ha colpito la nazionale a farsi largo saranno sicuramente i giovani (Campagnaro, Iannone, Sarto, Esposito). Saranno pronti, oppure affrontare un torneo cosi lungo e di alto livello potrebbe metterli in difficoltà? Ed in tutto questo come vedi il rientro di Mirco Bergamasco, lui si invece con grande esperienza?
“In nazionale penso che giochi chi se lo merita, chi sia veramente pronto e lo faccia al meglio delle sue possibilità, quindi c’è massima fiducia nei convocati. Certo, come per Allan, la disabitudine a partite di questo tipo potrebbe rivelarsi un punto interrogativo.
Su Mirco Bergamasco invece non posso che esprimere il mio grandissimo apprezzamento. Chàpeau. Ripartire dall’Eccellenza è stata una grande sfida, ma lui l’ha vinta. Certo a lui “i caps” non mancano, ma bisognerà testarne il ritmo di gara”.
Oltre alla partita con la Scozia, indicata da tutti come “la Madre delle partite”, in quali altri match gli azzurri potrebbero far saltare il banco?
“Se mi rifaccio alle parole di Brunel, che disse di voler portare l’Italia a competere per la conquista del 6 Nazioni, ti dico che di partita non ce n’è una in particolare, ma tutte vanno affrontate con l’idea di poter mettere l’avversario in difficoltà e provare a vincere. Penso sempre a Warren Gatland – l’allenatore del Galles – il quale dice a riguardo dei suoi ragazzi che hanno trovato la sicurezza in loro, quando hanno iniziato a pensare di lavorare più duramente di chiunque altro. Ormai non esistono più onorevoli sconfitte o storiche vittorie, siamo nel professionismo. Si parte per battere gli avversari, anche se sulla carta ci sono superiori, ma è il campo l’unico che alla fine emette il verdetto. Se no sabato a Cardiff cosa andiamo a fare…”.
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Foto: Sebastiano Pessina_onrugby.it