Nuoto

Corriere: “Se la scuola snobba chi fa sport”

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Di seguito una lettera pubblicata su Italians, il blog de Il Corriere della Sera curato da Beppe Severgnini, riguardo la sempre più difficile convivenza tra sport e scuola in Italia.

 

Caro Severgnini, sono da poco tornato dai Criteria Giovanili primaverili di nuoto (insomma le finali italiane di nuoto giovanile). Anche in questa occasione ho avuto modo di ammirare le prestazioni di ragazze che già hanno avuto l’onore di difendere la maglia azzurra ai massimi livelli, pur essendo di giovanissima età, o vi arriveranno molto presto. Saranno alla fine 1868 i ragazzi partecipanti, tra maschi e femmine). Con altri genitori ci siamo di nuovo trovati a considerare l’atteggiamento che la scuola italiana tiene nei confronti dei ragazzi che praticano sport ad alto o basso livello che sia. Non si vuole con ciò pretendere medaglie o benemerenze; troviamo deprimente osservare la prevenzione che viene riservata ai ragazzi praticanti lo sport da parte dei professori e dell’istituzione scolastica in genere. Sembra quasi che la tradizione Gentiliana di considerare lo sport un disvalore abbia trovato nella cultura di sinistra, che domina il palcoscenico culturale e la scuola italiani, una degna erede, che guarda con fastidio se non antipatia all’atleta, vissuto sempre come individuo di scarse capacità intellettive (ma Lombroso non era stato archiviato tanto tempo fa?). A volte l’impegno è veramente gravoso: ad esempio nel nuoto (ma potremmo parlare anche della ginnastica e di tanti altri sport) sei allenamenti alla settimana, ore ed ore di impegno. Non viene in alcun modo preso in considerazione il carattere formativo dell’impegno sportivo, dove sofferenza, fatica, onestà, impegno, rispetto per avversari e gioia, ma anche necessità di affrontare la sconfitta e sapersi rialzare, su i nostri ragazzi, futuri attori di una nostra società in cerca di rifondazione. Per assurdo, potremmo concludere che la scuola italiana preferirebbe avere classi piene di tanti tossicodipendenti o novelle prostitute (come da recenti notizie di stampa), vittime da recuperare ad una società malata, piuttosto che allevare persone formate ad affrontare con tenacia le difficoltà della vita.

Enrico Groppi

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