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Paralimpiadi Sochi 2014: Italia da zero, ma nessuno ne parla

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Immaginate cosa accadrebbe se ai Giochi Olimpici di Pyeongchang, tra quattro anni, l’Italia dovesse terminare senza neanche una medaglia: ci sarebbero polemiche per settimane, ci sarebbe l’umiliazione di dover tornare indietro fino a Garmisch 1936 per ritrovare un risultato così negativo. E sappiamo bene cosa accade quando la nazionale italiana di calcio viene eliminata nella fase a gironi, come avvenne quattro anni fa in Sudafrica: in quel caso, la débâcle diventa un tema ricorrente almeno per un quadriennio, fino al Mondiale successivo.

Oggi ci troviamo a dover commentare un’Italia da zero: zero medaglie alle Paralimpiadi invernali 2014, un risultato che mancava da Geilo 1980, un’edizione che a modo suo fa parte della preistoria paralimpica, visto che questa manifestazione nella sua versione invernale si trovava allora alla sua seconda edizione. In pratica, il passo indietro può essere paragonato a quello che saremmo costretti a fare se il medagliere azzurro dovesse restare vuoto alle Olimpiadi di Pyeongchang.

Questo risultato dalla portata storica, naturalmente in senso negativo, è il risultato di un processo che lentamente ha portato l’Italia a diventare una comparsa negli sport paralimpici invernali. Un processo di decrescita che, un po’ come per le Olimpiadi invernali, ha avuto inizio dopo l’apice del successo raggiunto a Lillehammer 1994.

Anche le medaglie d’oro, sebbene con un dislivello minore, mostrano un andamento simile, seppur con una notevole eccezione: proprio a Lillehammer, quando l’Italia vinse la bellezza di tredici medaglie, non arrivò nessun oro.

Ciò che lascia perplessi, più che i risultati sportivi in sé, è il fatto che non se ne parli. Innanzi tutto, oltre alla competizione in sé, le Paralimpiadi rappresentano spesso quello che è il livello dei diversi Paesi nell’ambito delle politiche sociali. Permettere a persone diversamente abili di praticare sport ad alto livello non è cosa scontata, e questo implica l’esistenza di politiche adeguate, quelle stesse misure che in Italia si stanno progressivamente smantellando. Secondo, questa passività di fronte al risultato negativo dimostra come lo sport paralimpico venga ancora considerato da molti come qualcosa che appartiene ad una sfera inferiore a quello olimpico, dimenticando che quello che fanno questi atleti sia in allenamento che in gara è altrettanto incredibile rispetto alle gesta degli sportivi normodotati. Anche questa è cultura sportiva (e non solo sportiva).

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giulio.chinappi@olimpiazzurra.com

1 Commento

  1. Luca46

    17 Marzo 2014 at 21:33

    Purtroppo il settore paraolimpico paga ancor più l’involuzione del paese. Direi che è lasciato ai margini. Giustissima la critica al fatto che non se ne parli.

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