Sci Alpino
Sci alpino: il bilancio della stagione azzurra maschile
Un’unica vittoria (libera di Lake Louise, Dominik Paris), nove podi (7 tra gli uomini con Fill e Thaler che ne hanno due a testa, uno per Paris, Innerhofer e Moelgg, 2 tra le donne solo con Elena Fanchini), 39 atleti a punti (21 maschi, 18 ragazze) con 5335 punti complessivi che valgono il terzo posto nella classifica per nazioni, alle spalle di Austria (11489) e Svizzera (5773): questi i numeri della stagione azzurra dello sci alpino.
Ma i numeri, si sa, dicono tutto e niente. La stagione che va in archivio è senz’altro positiva, per i dati appena riportati e per il bilancio olimpico a ben vedere superiore rispetto al livello dimostrato dalla nazionale nelle uscite di Coppa del Mondo; tuttavia, in determinati settori ci si aspettava di più. Partiamo da un’analisi del settore maschile e dalla sua velocità: da qui arrivano l’unico successo stagionale, quattro podi e le due medaglie olimpiche; a livello puramente numerico, sembrerebbe ottimo, di fatto però il rendimento è stato inferiore a quello dell’annata 2012-2013 quando la squadra italiana vinse praticamente tutte le grandi classiche oltre all’argento iridato di Paris. Ecco, il vicecampione del mondo è mancato, da metà dicembre in avanti, per via di quella fastidiosa caduta in Val Gardena che gli ha senz’altro levato sicurezza, pur dimostrando, nelle ultimissime uscite, di essere in crescita; Christof Innerhofer, dopo mesi di piazzamenti regolari ma talvolta lontani dal podio, ha però avuto il pesantissimo acuto olimpico, mentre Peter Fill, pur con il picco nella prima di stagione, è finalmente restituito ad alti livelli e per Werner Heel e soprattutto Matteo Marsaglia va in archivio un inverno negativo, come per Siegmar Klotz; infine, Silvano Varettoni si è confermato più volte tra i migliori 10-15 della libera. La stessa direzione tecnica, probabilmente, si sarebbe aspettata qualcosa di più nel complesso dagli uomini jet, che hanno patito più di altri le condizioni quasi “primaverili”, o comunque ben lontane dal ghiaccio duro, di molti scenari di gara; un gap, questo, su cui i tecnici, a partire da Claudio Ravetto, sono pienamente consapevoli di dover lavorare, essendo loro stessi i primi a ripetere che “lo sci è uno sport di situazione”. Un’ultima nota del settore velocità va dedicata a Mattia Casse: figlio d’arte, classe 1990, non sarà certo soddisfatto del suo inverno, dove ha faticato parecchio per rientrare ad alti livelli dopo un brutto infortunio. Eppure, proprio Casse ha le potenzialità, peraltro già dimostrate in CdM, per essere un grande polivalente e a partire dalla prossima stagione siamo convinti che riuscirà ad esprimersi nuovamente al meglio, fornendo così un ricambio importante alla squadra.
Nel settore prove tecniche risulta difficile tracciare un bilancio omogeneo perché, pur lavorando spesso assieme, in Italia c’è un’elevata differenziazione tra gigantisti e slalomisti. Tra le porte larghe, sembra tramontata la stella di Massimiliano Blardone, troppo in sofferenza con i nuovi materiali, anche se l’ossolano sembra voler combattere ancora, leone com’è, per tornare su; al contrario, il suo coetaneo Davide Simoncelli si è difeso abbastanza bene, pur con un’irregolarità tra una manche e l’altra notevole. Florian Eisath, in lieve calo, è comunque tra i migliori 30 al mondo, ma le notizie migliori vengono dai più giovani; se è vero che Giovanni Borsotti ha faticato per le stesse ragioni di Casse, è altrettanto vero che ci sono stati i primi piazzamenti a punti di Alex Zingerle e soprattutto le esplosioni di Roberto Nani e Luca De Aliprandini. Il livignasco, col suo stile “alla Ted Ligety”, ha inoltre buoni numeri anche in slalom e potrebbe davvero rappresentare l’erede di Manfred Moelgg; il trentino, più propenso invece a provare in velocità (già a punti in superg), si è distinto per alcuni risultati davvero positivi e per una sciata forse meno spettacolare, ma più sicura, dopo una prima stagione di ambientamento nel massimo circuito. Si diceva di Manfred Moelgg: ecco, il più grande slalomgigantista italiano del post-Tomba ha accusato sensibili difficoltà in gigante, mentre in slalom si è ancora difeso bene, centrando anche un podio a Bormio; d’altronde tra i paletti stretti, lui e l’altro, eccezionale veterano Patrick Thaler hanno per mesi “tirato il carro” praticamente da soli, prima del ritorno tra i big, ovvero al livello in cui merita, di Stefano Gross, ritorno coinciso con le Olimpiadi. Sabo è un vero patrimonio dello sci azzurro e ha i numeri del campione, per cui ci auguriamo che con le ultime performance abbia ritrovato la sicurezza necessaria per combattere con i primissimi. Primissimi tra i quali quest’anno non si sono purtroppo mai visti Cristian Deville e Giuliano Razzoli: sprofondato nelle liste di partenza il primo, praticamente irriconoscibile rispetto agli standard di Vancouver il secondo. Certo le cause sono molteplici e non sono mancati, nei due casi, vari problemi fisici; fa comunque male vedere due talenti del genere così in difficoltà, anche perché, alle loro spalle, la situazione non è così rosea. Riccardo Tonetti ha certamente buone potenzialità, ma fatica ancora parecchio ad andare a punti con regolarità; Giordano Ronci, al primo vero impatto con la CdM, non ha potuto fare altro che accumulare esperienza e abbassare di volta in volta il numero di partenza. Dietro di loro, però, non si intravedono nuovi slalomisti.
In generale, dunque, usciamo dal 2013-2014 con la consapevolezza di avere un’ottima squadra di discesa che però forse ci aveva “abituato” fin troppo bene e dunque, quando arriva una sola vittoria stagionale, sembra che manchi qualcosa; un gigante con un interessante e auspicabilissimo ricambio generazionale in pieno svolgimento e infine uno slalom dove un terzetto di atleti vale il podio, pur senza avere un ricambio così efficace come tra le porte larghe.
foto: credit FISI
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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com
Luca46
18 Marzo 2014 at 21:09
Se poi vogliamo aggiungere la beffa dei fratelli Origone proprio all’ultima prova dello speed skiing … che rabbia !!!
Luca46
18 Marzo 2014 at 21:07
Anch’io come pizzoumbro sono più propenso a dare un giudizio negativo alla stagione dello sci alpino azzurro. Toglierei però il molto, direi che è stata negativa. Ci si aspettava qualcosa in piu’ in generale direi. Elena Fanchini era partita bene poi si è persa, Paris pure poi l’infortunio. Innerhofer salva tutto con le olimpiadi ma poteva fare di piu’ in stagione. Gross ritrovato solo nel finale, Razzoli non pervenuto. Pesa l’infortunio della Goggia. Nonostante tutto nella classifica per squadre siamo al terzo posto ed è la riprova di quello che commentavamo alle olimpiadi, ottimo movimento ma mancano i campioni. C’è materiale per lavorare speriamo nella prossima stagione.
Marco Regazzoni
19 Marzo 2014 at 11:15
Credo che realisticamente l’Italia non potrà mai essere ad un ruolo superiore di quello di “terza potenza”, perché come ho detto anche in un altro articolo Austria e Svizzera fanno investimenti inimmaginabili, essendo le nazioni in cui questo è sport nazionale. La situazione più simile alla nostra è quella francese, al netto del potenziale fenomeno Pinturault che però non ha vissuto una stagione così esaltante; le altre nazioni non hanno un movimento così strutturato (o ce l’hanno solo in una disciplina, come la Svezia in slalom), però hanno i campioni, vedi Germania, USA e Norvegia. Noi non riusciamo ad avere le eccellenze, però nel complesso abbiamo davvero il terzo movimento più competitivo del mondo.
pizzoumbro
18 Marzo 2014 at 10:30
Per me invece bilancio molto negativo!!