Ciclismo
Amstel Gold Race, la più giovane delle Classiche
L’Amstel Gold Race non ha i capelli bianchi, ma al limite solo brizzolati. Non ha quel fascino, quell’alone di mistico che avvolge le altre grandi Classiche, dell’Italia e del Nord Europa, che si concentrano nell’arco di una stagione ciclistica e in particolare nel periodo primaverile: non lo ha per una semplice questione anagrafica, non certo per demeriti propri.
Perché il percorso (clicca qui per scoprire l’edizione 2014) e l’albo d’oro sono di altissimo livello, così come la qualità media dei partecipanti; semplicemente, una gara per diventare “mito” ha bisogno di decenni, se non addirittura di un secolo. Non è forse vero che il Tour de France rappresenta il sogno di tutti i corridori, anche quando, talvolta, presenta percorsi perlomeno discutibili? O che la Milano-Sanremo, nonostante sia diventata sempre più una passerella per velocisti, resista come l’imperturbabile simbolo dell’avvio di un’annata sui pedali? L’età e la storia fanno il mito, e l’Amstel se lo sta gradualmente costruendo. La prima edizione è datata 1966: vince un francese di origini polacche, Jean Stabllinski, già campione del mondo quattro anni prima a Salò; Eddy Merckx fiuta subito la futura grandezza della corsa e vi appone due volte la firma, prima del filotto di Jan Raas che timbra cinque volte, inframezzato solo da un acuto di Bernard Hinault. E poi il “vecchio” Jopp Zoetemelk, che vince a 41 anni (occhio a Rebellin…), prima di entrare nell’ultimo decennio del secolo che premia Johan Musseuw, Mauro Gianetti, Bjarne Riis e il primo azzurro, Maciste Zanini nel 1996 con un’azione in solitaria non così frequente per lui.
Se sul Cauberg trova la gloria, nel 1999, persino Michael Boogerd, storico eterno piazzato di tutti i ciclismi, il decennio successivo, tra un Dekker, un Vinokourov e uno Schleck, è principalmente a firma azzurra: Bartoli 2002, Rebellin 2004, Di Luca 2005, Cunego 2008, prima dell’acuto di Enrico Gasparotto, già terzo nel 2010, due anni or sono. Altri tempi, altre storie. La realtà è ora sotto gli occhi di tutti, sia per quanto riguarda alcuni (e solo alcuni!) atleti del nostro felice passato forse non così onesti, sia per quanto riguarda l’allarmante crisi sistemica, quantomai brutale sul piano dei risultati, dell’ultimo periodo nelle classiche. Però, chissà: una lattina…di Amstel può fare miracoli e potrebbe contribuire a rilanciare il nostro movimento.
foto tratta da cyclingnews.com
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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com