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‘Cogito, ergo sport’: Lightning Bolt, umano ‘quasi umano’
“L’elemento fondamentale della filosofia dei supereroi è che abbiamo un supereroe e un suo alter-ego: Batman è di fatto Bruce Waine, l’Uomo Ragno è Peter Parker. Quando quel personaggio si sveglia al mattino è Peter Parker, deve mettersi un costume per diventare l’Uomo Ragno. Ed è questa caratteristica che fa di Superman l’unico nel suo genere: Superman non diventa Superman, lui è nato Superman, quando Superman si sveglia al mattino è Superman, il suo alter-ego è Clark Kent”.
Dal film Kill Bill – Volume 2
Esistono supereroi che nascono uomini e diventano semidei. Esistono supereroi che nascono tali: da sempre Superman.
Iperattivo e incontenibile fin da piccolissimo, percorreva quattro chilometri a piedi per andare e altrettanti per tornare da scuola; una gamba di un centimetro e mezzo più corta dell’altra, troppo alto per l’atletica, troppo povero per diventare un supereroe. Già, ma Usain Bolt non è diventato super, è nato super: è nato Ligthning Bolt.
Più giovane atleta in assoluto a vincere, a soli 15 anni, la medaglia d’oro ai Campionati Mondiali Juniores di Kingston; giovane giamaicano icona dello sport mondiale inteso come perfetta fusione di sacrificio e gioco.
“Quando c’è lui, si corre per il secondo posto”, ha affermato Alessandro Del Piero. Quando c’è lui la scena è completamente monopolizzata da un’esplosione di energia positiva, dal fascino di un assoluto campione dalla corazza rivestita di fantasia, spensieratezza, gioventù. È la coscienza di chi è consapevole delle proprie potenzialità, lo spirito di chi compete per vincere ma senza mai perdere l’idea di divertirsi.
“Quando mi presento in una competizione come quella olimpica non penso mai che posso perdere, ma se dovesse succedere non sarebbe la fine del mondo”.
Non sarebbe la fine del mondo specie dopo gli inumani record stabiliti da Bolt nelle sue discipline favorite: primato mondiale alle Olimpiadi di Pechino nel 2008 sui 100 metri piani; quattro giorni dopo lo stesso nei 200 metri, fino ad arrivare ad una velocità massima di oltre 44 Km/h che gli hanno permesso, nel 2009 ai Mondiali di Berlino, di chiudere la gara dei cento metri con un tempo di 9″58 e dei duecento con 19″19.
Tempi da un Superman senza mantello, il volto nuovo della Giamaica, a cui basta una falcata per polverizzare 2,44 metri sotto di sé; un eroe amato dal pubblico grazie a quella velocità unita alla vivacità esultante e corretta che non presuppone superficialità, o altrimenti quei 6 Ori olimpici e gli 8 mondiali neanche con una S sul petto avrebbe potuto conquistarli.
“Ancora non è esistito un superuomo”, gridava Nietzsche un secolo fa perché “anche il più grande io l’ho trovato troppo umano” ma, per come lo potremmo intendere noi, l’uomo che va oltre l’umano è arrivato, e oggi potremmo dire che Usain Lightning Bolt è “umano, quasi umano”.