Calcio
…e la nebbia cancellava Superga
“Un crepuscolo durato tutto il giorno, una malinconia da morire. Il cielo si sfaldava in nebbia, e la nebbia cancellava Superga”
(Cinegiornale “Settimana Incom”)
Nell’immediato Dopoguerra, lo sport contribuisce in modo fondamentale al miracolo italiano, alla ricostruzione maceria su maceria, al progresso economico, alla rinascita di una comunità che sembra irrimediabilmente divisa dal sangue e dalla storia. Fausto Coppi, Gino Bartali, Fiorenzo Magni: il ciclismo e le leggendarie imprese di questi tre fuoriclasse costituiscono un motivo di straordinario orgoglio per il nostro Paese. Ma se nello sport della bicicletta il sostegno dei tifosi si divide tra i tre nomi appena citati, nel calcio, al di là delle proprie simpatie, non si può non tifare per il Torino, il Grande Torino: semplicemente, la squadra più forte, più bella, più completa di quel periodo, resa eterna dalla tragedia di Superga.
Dietro al mito, ci sono Ferruccio Novo e Vittorio Pozzo: industriale appassionato il primo, unico allenatore capace di vincere due Campionati del Mondo il secondo. Tra il 1939 e il 1940, sono loro a gettare le basi della squadra che poi avrebbe vinto cinque scudetti consecutivi e una Coppa Italia, circondandosi di collaboratori competenti e acquistando dal Varese il giovanissimo Franco Ossola, prima pedina di quella formazione che ancora oggi si ripete a memoria. Mentre l’Italia e l’Europa piangono le prime vittime del sanguinoso conflitto mondiale, altre pedine fondamentali, come il vicentino Romeo Menti e il bianconero Guglielmo Gabetto, si aggregano ai granata, che oltretutto iniziano a sperimentare il “sistema”, una tattica di gioco più offensiva rispetto al metodo della doppietta mondiale azzurra 1934-1938. Nel 1942, un duplice passo falso contro il Venezia costa al Torino scudetto e Coppa Italia: Novo si innamora di due talenti dei lagunari, Valentino Mazzola ed Ezio Loik, e li acquista per 1.400.000 £. Nel 1943, campionato e Coppa Italia, l’inizio del mito: nel 1944, il campionato di guerra settentrionale vede invece il trionfo dei Vigili del Fuoco La Spezia. Ma i semi per fare qualcosa di storico sono ormai ben piantati.
Arrivano Valerio Bacigalupo, Aldo Ballarin, Virgilio Maroso, Mario Rigamonti, Eusebio Castigliano: la rosa è completa. 1946, 1947, 1948: gli scudetti non conoscono padrone diverso dal Torino. Gli allenatori si alternano, ma il risultato non cambia, anche se la figura-chiave della società granata è probabilmente l’ungherese Erno Erbstein, tecnico di origini ebraiche scampato in qualche modo alla furia nazista. Non mancano tournée all’estero e amichevoli di prestigio quasi sempre vinte; al tempo stesso, i titolari torinesi costituiscono l’ossatura della nuova nazionale che deve raccogliere la pesantissima eredità del ciclo Mondiali-Olimpiadi tra il 1934 e il 1938.
Vivere una partita al vecchio Filadelfia, stadio di 30.000 posti, è uno spettacolo assicurato. Quando i ragazzi sembrano impegnarsi meno del previsto, lasciando magari sfogare gli avversari, il tifoso Oreste Bolmida impugna la tromba e suona la carica: Valentino Mazzola reagisce rimboccandosi le maniche e da quel momento la furia granata diviene inarrestabile, sommergendo di gol il malcapitato portiere. In una partita contro la Roma, ad esempio, sotto 0-1 all’intervallo, il capitano stabilisce che da quel momento in poi non bisogna più scherzare: risultato finale, 7-1.
La squadra che non può essere sconfitta sul campo viene sconfitta dal destino. Da un destino tragico, balordo. Quando, nel maggio 1949, l’ennesimo campionato sembra cosa fatta (manca solo la certezza matematica), il Torino vola in Portogallo per sfidare il Benfica in un omaggio a Francisco Chico Ferreira, leader della nazionale lusitana e grande amico di Mazzola. Il Trofeo Olivetti, messo in palio dai dipendenti dell’impresa canavese di stanza in Portogallo, viene vinto per 4-3 dal Benfica, che poi, come da prassi in quell’epoca nella quale il calcio era ancora uno sport signorile, porta a cena i degnissimi avversari. Il 4 maggio 1949, un normale volo di rientro in patria diventa la più grande tragedia sportiva della storia italiana: il Fiat G-212 di Avio Linee Italiane si schianta contro il muraglione posteriore della Basilica di Superga, il luogo colto sovrastante la collina torinese. La nebbia porta fuori rotta i piloti, che credono di essere in linea per l’atterraggio a Torino-Aeritalia, ma alle 17.03, con visibilità inferiore ai 40 metri che impedisce qualunque manovra correttiva, l’apparecchio termina la propria corsa a Superga.
Trentuno persone perdono la vita: tutti i giocatori, tre dirigenti, tre membri dello staff tecnico, altrettanti giornalisti e quattro membri dell’equipaggio. Nessuno si salva, se non chi, per un motivo o per un altro, era rimasto a casa, come il presidente Ferruccio Novo, bloccato dall’influenza, l’ormai ex CT della nazionale Vittorio Pozzo, il secondo portiere Renato Gandolfi, escluso per scelta tecnica, e il difensore Sauro Tomà, infortunato, ancora oggi ultimo superstite di quella straordinaria squadra.
“La città era tutta per strada: nessuno era voluto restare in casa mentre passava il Torino. La città era muta e spenta e respirava dolore“.
(Giorgio Tosatti, “Tu chiamale, se vuoi, emozioni”)
Il Torino viene proclamato vincitore d’ufficio del campionato 1948-1949 e nelle restanti partite, in un silenzio glaciale, manda in campo la formazione giovanile. Il 6 maggio 1949, 500.000 persone in piazza e, una a una, le bare scendono mestamente nell’atrio di Palazzo Madama tra i cordoni d’onore. Anziani e bambini, uomini e donne, torinesi d’origine o acquisiti: nessuno, della città della Mole, manca a questo triste evento. E come loro, milioni e milioni di persone in tutta Italia sono idealmente lì, in piazza San Carlo, attraverso la radio e il cinegiornale.
Termina così il Grande Torino? No. Perché proprio nel momento di una fine così tragica e drammatica, lo squadrone granata diventa mito, storia, eternità. Un mito che sconfina nella leggenda.
foto tratta da ilgrandetorino.net
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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com
maury69
4 Maggio 2014 at 22:51
Sempre nella memoria di tutti gli sportivi, Grande Toro !
Luca46
4 Maggio 2014 at 11:53
Onore al Grande Torino, non morirete mai !!!