Ciclismo
Giro d’Italia 1998: la firma del Pirata
“La storia di Pantani è diversa: la sua bacheca di vittorie non può reggere neppure alla lontana il confronto con quelle del Campionissimo e di Gino il Giusto. (…) Ma se ci allontaniamo dai freddi numeri e ci avviciniamo al calore che solo le passioni sanno dare le cose cambiano. E il Pirata scala questa speciale graduatoria fino a collocarsi proprio accanto a Coppi e a Bartali”
(Francesco Ceniti-Tonina Pantani, “In nome di Marco“)
Il mito di Marco Pantani è racchiuso tutto in queste poche che costituiscono il preambolo dell’ultimo libro a lui dedicato. Un certo numero di corridori, italiani e stranieri, ha vinto quanto e più di lui, sebbene la doppietta del 1998 lo consacri ad un livello superiore: ma era il suo modo di fare, il suo modo di correre che accendeva una passione incommensurabile e che lo rendeva, già in vita, un mito. No, non è stata la triste e drammatica fine ad elevarlo agli altari della gloria: Pantani era un mito nel cuore di tutti già quando gareggiava. E vinceva, tra una caduta e un’altra, sino ad arrivare a quel dorato 1998.
16 maggio 1998, appunto: il Giro d’Italia scatta da Nizza e, accanto al romagnolo, può contare su una batteria di ottimi corridori come Alex Zülle, formidabile scalatore e cronoman col terrore delle discese, Pavel Tonkov, russo di montagna, il vincitore dell’anno precedente Ivan Gotti e una serie di spagnoli e colombiani pronti ad incendiare la corsa come Daniel Clavero, José Luis Rubiera e Chepe González. Lo svizzero parte forte, vincendo il cronoprologo e controllando agevolmente le prime giornate, pur perdendo la rosa per tre giorni quando finisce sulle spalle di Sergej Gonchar prima e Michele Bartoli poi. Ma a Lago Laceno Pantani fa vedere di esserci e di essere in forma: la salita, però, scema presto in un falsopiano e un atleta più possente come Zülle riesce a recuperare e staccare il Pirata, sino ad incrementare a circa un minuto il margine di vantaggio in classifica. La Festina controlla mentre il Giro risale la penisola e Re Leone Cipollini domina le volate; il 30 maggio, però, qualcosa deve cambiare. Si arriva a Piancavallo, stazione sciistica del Friuli, prima giornata alpina: la strada si impenna e Pantani parte, senza aspettare i chilometri finali in quanto troppo agevoli, riuscendo così a vincere la tappa e a riportarsi ad appena 22” dal leader della classifica. Il giorno dopo, tuttavia, il prevedibile disastro: cronometro di Trieste, 40 km. Il rossocrociato raggiunge Pantani, partito 3′ prima di lui, e lo stacca, guadagnando altri 3’26”. Sembra finita.
Non è così. Qui viene fuori il cuore di Pantani, che vuole le montagne, che ama le montagne: e il suo DS Giuseppe Martinelli non manca di motivarlo e spingerlo prima della tappa di Selva Val Gardena, con una Mercatone Uno peraltro già ben caricata dal successo di Fabiano Fontanelli ad Asiago. Fuga numerosa, la Festina va all’inseguimento e presto è fuorigiri, tra il Duran e la Forcella: la Marmolada, così, vede il solo Wladimir Belli a fianco della maglia rosa e Pantani parte con uno dei suoi scatti secchi, seguito solo da Beppe Turbo Guerini, che va a vincere la tappa con il romagnolo, però, sul podio in quanto nuovo leader della classifica generale.
30” su Tonkov e sul bergamasco e 1′ su Zülle rappresentano però dei margini ben poco rassicuranti in vista della cronometro di Lugano del penultimo giorno. Ma ci sono ancora montagne, prima. A Pampeago, però, la consueta azione fulminea di Pantani è un po’ più appesantita dalle fatiche delle 24 ore precedenti: dietro c’è il vuoto, tutti vanno alla deriva…meno Tonkov, che segue come un’ombra il Pirata e lo brucia in volata, rosicchiando ancora qualche secondo. Bisogna inventarsi qualcosa.
Il 4 maggio c’è Montecampione, che anche in questo 2014 tornerà ad essere sede d’arrivo per onorare la memoria del campione scomparso dieci anni fa. Abbiamo già raccontato questa storia, una delle più belle incastonate nella bacheca del romagnolo. Basti solo dire che si assiste ad un duello epico, l’essenza del ciclismo: uno contro uno, scatti e controscatti, attacchi e difese. Un tifo indiavolato sulle strade e davanti ai televisori, perché Pantani, appunto, accende la passione. Un ultimo scatto, tra i due e i tre chilometri dal traguardo: Tonkov sembra ricucire ancora, ma si pianta. Pantani va, Pantani vola, Pantani guadagna 1’01” in 2300 metri e si porta dunque a 1’28” sul russo. La famosa, attesissima cronometro di Lugano, vinta da Gonchar, contro ogni pronostico vede Marco guadagnare altri 5”: il morale fa la differenza, dopo la batosta alpina, e Tonkov non riesce davvero a ritrovarsi. Attraverso Varese, si torna in Italia e Milano, il 7 giugno, è tinta di rosa: ma tanti, tantissimi indossano anche la bandana o una maglia gialla della Mercatone. Perché Marco ha vinto il suo primo, unico, ultimo Giro d’Italia. Con 1’33” su Pavel Tonkov e 6’51” su Giuseppe Guerini.
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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com
ale sandro
15 Maggio 2014 at 15:04
Grazie Marco per il bell’articolo che ricorda l’impresa al Giro ’98 di questo fuoriclasse, giustamente rimarrà molto a lungo nel cuore dei tifosi proprio per il suo modo di interpretare la corsa, ancora prima che per i risultati ottenuti. Mi hai riportato alla mente un’annata fantastica con l’accoppiata al Tour.
Marco Regazzoni
15 Maggio 2014 at 18:18
Grazie a te per l’apprezzamento: avevo nove anni allora e fu proprio quel Giro, quel Pantani a farmi innamorare del ciclismo.