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Ciclismo
Giro d’Italia 2014: le emozioni di Fabio Aru
Sì, il Giro d’Italia 2014 lo vince Nairo Quintana: l’indio dalla faccia imperscrutabile, lo scalatore erede della tradizionale colombiana dei grimpeur, il ventiquattrenne che già un anno fa diede l’impressione, nel Tour di un inarrivabile Froome, di avere moltissime pagine di gloria da scrivere in questo sport.
Il Giro lo vince Nairo, al netto di clamorosi crolli sul Kaiser, lo Zoncolan, ma l’Italia si emoziona per Fabio Aru. Nome semplice, ragazzo altrettanto semplice: lui e le sue parole mai banali, dalle quali trascendono umiltà e voglia di migliorarsi; lui e il suo sorriso naturale, ancora poco abituato ai flash dei fotografi; lui, orgoglio di una terra, appunto, orgogliosa, quella Sardegna che tra le sue mille ricchezze naturali ora può annoverare anche un corridore straordinario.
Non lanciamoci in paragoni azzardati, perché i paragoni li può fare solo la storia a bocce ferme, e la storia di Aru è tutta da scrivere. Ma quella leggerezza in salita, quella capacità di alternare sapientemente i fuorisella e le spinte da seduto, quell’intelligenza tattica straordinaria per uno che è in gruppo da due anni e mezzo…ricordano qualcuno e qualcosa di Grande. Così come la sua capacità di far emozionare il pubblico, che lo ha da subito adottato, coccolato, incoraggiato, tifato.
Oggi, sulla Montagna Sacra, Aru non ha vinto, perché quel Quintana, suo coetaneo ma ben più esperto, ha voluto apporre il sigillo più o meno definitivo alla propria impresa in rosa: ma Aru ha conquistato definitivamente la ribalta, dopo il grintoso assaggio di Montecampione. Poi, una volta raccontate le proprie, semplici emozioni ai microfoni, è andato con gli Alpini del VII Reggimento a deporre una corona al Sacrario del Grappa, in memoria di tanti ragazzi, italiani e austriaci, sardi e di ogni altra regione della penisola, che cento anni fa persero la vita su queste montagne. Perché Fabio è semplice, sì, ma non è assolutamente banale, né in bici né fuori.
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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com