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Ciclismo

Giro d’Italia 2014: viva la fuga!

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Il ciclismo non è mai noioso o scontato. Tuttavia, se le frazioni come quella odierna, caratterizzate da un percorso in netta prevalenza senza difficoltà altimetriche, non fossero “accese” da qualche fuga, esse perderebbero senz’altro di appeal.
La fuga nasce, probabilmente, col ciclismo stesso. Perché la stragrande maggioranza dei corridori non ha le doti né per vincere in una volata, né per trionfare in montagna o fare una sparata a 60 km/h negli ultimi due-tre chilometri: da qui l’esigenza di andare all’attacco, unita a quella, ovviamente crescente, degli sponsor di farsi inquadrare per qualche ora dalle televisioni che trasmettono nel mondo intero. Nelle grandi corse a tappe, la fuga c’è sempre, ma quasi mai ha successo: tre, quattro ore in avanscoperta per essere annullata agli ultimi chilometri, prima dello sprint di gruppo o dell’ultima montagna da scalare. Una fatica immensa, immane, essenza stessa dello sport delle due ruote.
Oggi è toccato a Nicola Boem (uno che vive praticamente al vento, in solitaria o in compagnia), a Nathan Haas, a Bjorn Thurau e ai colombiani Winner Anacona e Robinson Chalapud: le espressioni del viso di questi ultimi due, mentre i compagni d’avventura esaurivano le energie con qualche scatto senza pretese, raccontano molto di che cos’è il ciclismo. Perché loro sono due “scalatori” esili, due uomini da montagna finiti chissà come in testa alla corsa in una giornata non certo congeniale alle loro caratteristiche: proprio per questo, hanno sofferto enormemente ad ogni allungo, ad ogni attacco di Boem, Haas e Thurau che non volevano darsi vinti. Il finale è noto: volata lanciata a tutto gas e Bouhanni che beffa Nizzolo di una manciata di centimetri. Eppure, bisogna ribadirlo una volta di più: viva la fuga!

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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