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Golf | È tempo di Major, tocca allo U.S. Open: tutti i favoriti e le speranze italiane

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Se il Masters è il torneo più prestigioso in assoluto, lo US Open è senz’altro il Major preferito dagli statunitensi, oltre ad essere notoriamente il più difficile ed insidioso di tutti. E anche la 114esima edizione si annuncia estremamente complicata, con il Pinehurst No. 2 (lungo Par 70 di 7.562m), in Carolina del Nord, che attende al varco i 156 giocatori pronti a darsi battaglia.

Il naturale uomo da battere sarebbe Tiger Woods, ma il fuoriclasse di Cypress è ancora fuori per i postumi dell’operazione alla schiena. A detta di molti, quindi, il favorito numero uno sembra essere Rory McIlroy, tornato finalmente alla vittoria qualche settimana fa nel torneo più importante dell’European Tour, il BMW PGA Championship. Il nord-irlandese sembra aver ritrovato lo smalto perduto nel 2013 e proverà a bissare la straordinaria vittoria del 2011, quando dominò in lungo e in largo. I concorrenti più accreditati sono il leader del ranking mondiale, Adam Scott, molto regolare quest’anno ma venuto a mancare nelle gare che contano finora (Masters e The Players) e Bubba Watson, Masters Champion e, rispetto al 2012, non adagiatosi sugli allori della vittoria ad Augusta.

Grandi aspettative, ma meno chance di vittoria per Henrik Stenson, che dalle prestazioni del 2014 non sembrerebbe meritare al momento la posizione n°2 nella classifica mondiale. Come Stenson, non sta brillando in questa stagione Phil Mickelson, mai entrato nella Top 10 sul suolo americano; tuttavia, Lefty ha concluso per ben sei volte in seconda posizione lo US Open e potrebbe redimersi proprio lungo le 72 buche di Pinehurst. Occhi puntati, ovviamente, anche sul campione in carica Justin Rose, che ha alternato ottimi piazzamenti a mediocri tornei. Difficile da considerare come uno dei favoriti, differentemente da Jordan Spieth. Il fenomeno 21enne, dopo essere crollato nelle battute finali del Masters e del The Players, vorrà riscattarsi e mettere le mani sul primo Major della carriera, a patto di mantenere i nervi saldi nelle situazioni più delicate. Considerati i due più talentuosi senza ancora uno Slam nel palmares, da Jason Day e Matt Kuchar ci si attende un torneo di alto profilo com’è nelle loro corde, al pari del solito Sergio Garcia (a proposito di golfisti senza Major…). Sembra pronto al grande salto anche il giapponese Hideki Matsuyama, vincitore due settimane fa del primo torneo della carriera sul PGA Tour e già decimo lo scorso anno a Merion. Potrebbero dire la loro anche Jim Furyk, Jason Dufner e Steve Stricker.

Tra gli altri europei, Ian Poulter si è ben comportato nell’ultimo St. Jude Classic, classificandosi 5°, mentre si attendono risposte dal francese Victor Dubuisson, eliminato al taglio nel Masters, e da Martin Kaymer e Luke Donald, senza dimenticare l’eterno Miguel Angel Jimenez. Assente, a causa di un infortunio, il leader della Race to Dubai, Thomas Björn. Come sempre, inoltre, ci sarà grande curiosità intorno a Lee Westwood, giocatore dalla classe sopraffina ma a secco di Major dopo averne giocati oltre 60.

L’Italia, ça va sans dire, si affida a Francesco Molinari. Nelle ultime cinque apparizioni il torinese è entrato per tre volte tra i primi 10, compreso il Players (il torneo con montepremi più ricco al mondo), e, se la buona condizione mostrata a maggio lo dovesse accompagnare anche a Pinehurst, per Chicco potrebbero aprirsi scenari interessanti. L’altro lato della medaglia, però, dice che Molinari ha raccolto un 27esimo posto come miglior risultato allo US Open, oltre ad aver mancato il taglio tre volte su cinque. Non superarlo neanche quest’anno, però, potrebbe significare la fine dei sogni di Ryder Cup.
Non ha niente da perdere, invece, Andrea Pavan, entrato nel field attraverso un torneo di qualificazione giocato in Inghilterra. Il romano, alla prima esperienza in un Major, vorrà godersi un’esperienza più unica che rara, fondamentale per la sua crescita e la sua definitiva maturazione.

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daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

Foto: Wikimedia Commons

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