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Editoriali

‘Italia, come stai?’: una nuova luce nel ciclismo; canottaggio e canoa tra dubbi e conferme

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La primavera delle classiche ci aveva consegnato un’Italia del ciclismo tra le peggiori di sempre, di sicuro mai così in basso nell’ultimo ventennio. Come spesso accaduto in passato, serviva il Giro per ridare linfa e speranza ad un movimento che come il pane aveva bisogno di svoltare. Dalla corsa rosa usciamo con nuovi protagonisti ed un futuro che non ci fa più paura, ma che anzi attendiamo con trepidazione e la consapevolezza che potrà riservarci soddisfazioni degne della tradizione tricolore.

Non si può non partire dal più atteso di tutti, Fabio Aru. Il sardo che da dilettante dominava in salita e dava distacchi incredibili nelle cronoscalate (ecco perché il risultato sul Monte Grappa non ci ha stupito più di tanto). Il terzo posto finale sancisce il suo ingresso nella ristretta cerchia dei grandi big delle corse a tappe ed i top team, Sky e Bmc su tutte, sono già in fila per accaparrarsi il nuovo campione azzurro. Ma soprattutto Aru ha conquistato la vittoria più bella ed oggettivamente difficile da realizzare: farsi amare dagli italiani. Il trionfo di Montecampione, scattando in faccia agli avversari a ripetizione, alzandosi sui pedali ed involandosi tutto solo verso il traguardo, ha risvegliato nel popolo del ciclismo emozioni sopite da tempo. Inutile girarci attorno, in quei frangenti ci è sembrato di rivedere Pantani. Aru non sarà mai il Pirata, per carattere ed anche costituzione fisica. Eppure ha già scatenato la passione di milioni di italiani. A 23 anni, era l’uomo che ci serviva, oltretutto con margini di crescita ancora enormi soprattutto a cronometro, dove anche in pianura ha mostrato una buona posizione in sella. Il dualismo con Quintana potrebbe essere appena iniziato.

Sono tornati prepotentemente alla ribalta anche due giovani dal talento indiscusso come Diego Ulissi ed Enrico Battaglin. Due corridori molto simili, completi, abili in salita e dotati un ottimo spunto veloce (Battaglin in misura ancora maggiore). Potenzialmente in grado di puntare a quasi tutte le grandi classiche, dalla Milano-Sanremo alla Liegi-Bastogne-Liegi, fino al Giro di Lombardia. A patto che loro stessi prendano finalmente piena consapevolezza dei propri mezzi. Se ciò accadrà, anche nelle corse di un giorno l’Italia tornerà protagonista indiscussa. Per approfondire ulteriormente il discorso sui giovani ciclisti del Bel Paese, vi rimando all’approfondimento di Marco Regazzoni che celebra il Rinascimento italiano a due ruote (clicca qui).

Fine settimana di difficile decifrazione per i remi nostrani.

A vedere il medagliere olimpico degli Europei di canottaggio, siamo sesti con 1 oro ed un bronzo. Nettamente meglio di noi, come numero complessivo di podi, solo Gran Bretagna (7) e Germania (9). Eppure le premesse erano decisamente superiori.
Partiamo dalle note lietissime. Marta Milani ed Elisabetta Sancassani hanno conquistato il terzo oro continentale consecutivo di una carriera che sta cominciando ad assumere la fisionomia tipica delle campionissime. Un trionfo arrivato contro i migliori equipaggi possibili di Germania e Gran Bretagna, oltretutto dopo un inverno in cui le italiane hanno saltato tanti allenamenti per diversi problemi fisici. Insomma, abbiamo un doppio pesi leggeri dominante, certezza assoluta verso le Olimpiadi di Rio 2016. Purtroppo Milani-Sancassani rappresentano la classica eccezione che conferma la regola per il canottaggio femminile italiano. I dati parlano chiaro: nessuna finale raggiunta con gli altri equipaggi e, nel complesso, distacchi dalle migliori interpreti continentali che restano i medesimi del passato recente, in alcuni casi anche aumentati. Tradotto: non si cresce. E’ chiaro che l’Italia, soprattutto al femminile, si esprima al meglio con i pesi leggeri e faccia più fatica con le senior, anche per una questione di conformazione corporea rispetto alle atlete britanniche o teutoniche. Tuttavia quest’ultimo non deve di certo costituire un alibi, ma al contrario la presa di coscienza che per il salto di qualità servono sacrifici ancora maggiori.

Passando al settore maschile, promosso il 4 senza senior, a medaglia nonostante le assenze di Matteo Lodo (schiena) e Mario Paonessa (influenza): rinnovato per metà, l’equipaggio ha raggiunto un prestigioso bronzo, che la dice lunga sulla bontà del lavoro svolto.
Sottotono, sempre rispetto alle attese e non per il piazzamento in sé, il due senza di Di Costanzo-Castaldo, cui è mancato il rush finale per ambire ad un podio nel 2 senza senior. Medaglia sfiorata per il doppio leggero Ruta-Micheletti, due che non riesce a spiccare il volo definitivo come sarebbe legittimo attendersi da due canottieri di questa caratura. Rimandato il doppio di Fossi-Battisti, non giudicabile a causa dell’influenza che ha colpito Francesco Fossi proprio alla vigilia.

Urgono immediati rimedi, invece, per il 4 di coppia senior ed il 4 senza pesi leggeri. Nel primo caso il quartetto schierato dai tecnici, piuttosto datato, non sembra in grado di poter garantire un avvicinamento al vertice internazionale: serve una ventata di freschezza. Nel secondo caso, invece, La Padula-Dell’Aquila-Goretti-Luini, sulla carta formano un equipaggio da medaglia in qualsiasi competizione. Resta da capire cosa non ha funzionato nell’esperienza serba, magari con un possibile inserimento di Marcello Miani, argento nel singolo pl, specialità non olimpica.

La conferma di Milani-Sancassani, l’ascesa del 4 senza senior, diversi rebus da risolvere ed un settore femminile ancora ai margini: la cura del dt La Mura ha bisogno di ulteriori ed intensive sedute per far sì che il canottaggio diventi davvero uno degli sport di riferimento per l’Italia a Rio de Janeiro 2016.

Infine gli Europei di canoa slalom, dove l’Italia è rimasta a secco di medaglie. Importante il ritorno ai massimi livelli per il campione olimpico Daniele Molmenti, quinto a pochi decimi dal podio. L’impressione, tuttavia, è che in questa disciplina l’Italia sia ancora Molmenti-dipendente e questo alla lunga genera dei problemi. Certo, soprattutto nel K1 crescono alcune nuove leve come Andrea Romeo (decimo) e Giovanni De Gennaro, sebbene siano ancora discontinui. Nella canoa slalom ciò che differenzia un campione vero da uno solo potenziale è la capacità di realizzare il maggior numero di discese veloci e senza sbavature. Per capirci: su 10 discese, Molmenti difficilmente ne sbaglia più di una o due. Per i più giovani, invece, la percentuale sale al 50%. E’ l’ultimo gradino da compiere per entrare nel gotha della disciplina.
Rassegna continentale da dimenticare, invece, nei settori femminile e canadese. L’italo-tedesca Steffi Horn, argento lo scorso anno, è rimasta fuori dalla finale, mentre Roberto Colazingari, dominante nelle competizioni giovanili nel C1, continua a non mostrare il suo vero potenziale nelle gare che contano: un blocco psicologico da cancellare al più presto. Decimo posto per Ferrari-Camporesi nel C2, in linea con le prestazioni delle ultime stagioni. In sintesi: ad oggi, nei grandi eventi, l’Italia sembra in grado di puntare ad una medaglia con il solo Daniele Molmenti. Troppo poco per un movimento cui non mancano di certo i talenti.

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federico.militello@olimpiazzurra.com

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