Editoriali
Sci alpino e non solo: ma l’Italia merita i grandi eventi?
No, non è sempre colpa degli altri: non ci sono complotti, sotterfugi, intrighi internazionali che impediscono all’Italia di spiccare il volo e di guadagnarsi, ad esempio, l’organizzazione sportiva dei grandi eventi.
Senza voler cadere nell’altro estremo, ovvero quello del masochismo – anche questo puramente italico – secondo cui tutto ciò che è italiano “fa schifo” e non merita nulla a livello globale (un po’ d’orgoglio nazionale, suvvia!), cerchiamo di capire perché l’Italia, al momento, non sembra meritare la fiducia internazionale per l’organizzazione di un Campionato del Mondo, di un Europeo o, perché no, di un’Olimpiade. Partendo dal grande rammarico di Cortina d’Ampezzo: per una volta, il sistema-paese sembrava compatto, unito, al di là delle divergenze politiche di un Zaia e di un Delrio, saldato da testimonial d’eccezione e dallo straordinario lavoro del comitato organizzatore, che ha fatto tutto il possibile per riportare nella perla delle Dolomiti la manifestazione sciistica più ambita. Sulla carta non doveva esserci storia: troppo bella Cortina, troppo spettacolare l’Olimpia delle Tofane, troppo “storica” come località. Cosa non ha funzionato?
Intanto, il ricordo di un’organizzazione, quella svedese dei Mondiali 2007, “perfetta” a detta di tutti i presenti di ogni nazionalità; perfetta, come ricorda Davide Marta su Race ski magazine, non solo sul piano della preparazione delle piste, ma anche dell’ospitalità, dei servizi ai turisti, delle infrastrutture. In Italia, invece, c’è sempre la sensazione che una manifestazione sportiva, tranne quelle calcistiche, sia sgradita. Quante polemiche se si chiude una strada per il passaggio di una corsa ciclistica dilettantistica o persino del Giro d’Italia! Quante litigate tra gli infaticabili organizzatori e (alcuni) operatori turistici che no, non vogliono lasciare la possibilità alle nazionali di allenarsi e non vogliono nemmeno la Coppa del Mondo di sci alpino perché si portano via le piste ai visitatori, senza tener presente degli introiti che un evento del genere porterebbe! Bisogna fare sistema, appunto, non solo a livello di nomi da inviare a Barcellona per il congresso FIS, ma anche nel corso degli anni: federazioni sportive e strutture turistiche, organizzatori di eventi e amministratori politici locali e nazionali. TUTTI, SEMPRE.
Certo, lo scandalo delle tangenti esploso a Venezia il giorno prima non ha sicuramente giovato alla già difficile credibilità internazionale di tutto ciò che è politico del nostro paese. Così come non avrà giovato avere un ex presidente FISI condannato per concussione e non avrà infine giovato, soprattutto, la gestione post-olimpica di Torino 2006: impianti meravigliosi, all’avanguardia, lasciati gradualmente morire proprio per l’incapacità di fare sistema, con uno spreco di denaro pubblico enorme. Esattamente come accaduto con gli stadi di Italia 90 (quando, per la verità, gli impianti non erano così moderni) o, più in piccolo, con alcune strutture per i Mondiali di ciclismo di Varese 2008. No, ad oggi abbiamo molta strada da fare per meritarci di organizzare i grandi eventi.
La verità è che si perde una partita, non è colpa dell’arbitro. E si perde un’elezione, non è perché hanno falsificato le schede. Ci sono anche gli altri, che sì, possono essere più bravi. E ci siamo anche noi, soprattutto noi, che sì, possiamo e dobbiamo migliorare, nei contenuti e nell’immagine sia politica sia sportiva, sia nazionale che internazionale. Ma soprattutto, cultura della sconfitta, il primo passo per arrivare alla cultura della vittoria.
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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com