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‘Cogito, ergo sport’: l’umiliazione di David Luiz per il “gigante” Rodriguez
“Siamo come nani sulle spalle dei giganti”.
Bernardo di Chartres
L’atto di umiliarsi riconoscendo la grandezza altrui, come per i grandi filosofi medievali, è la capacità di mostrare la propria semplicità di fronte ad un “gigante” che, con reale modestia, viene inteso come tale, e grazie a questo gesto il nano può anch’esso elevarsi più in alto e guardare là dove prima non gli sarebbe stato possibile.
Difficile definire David Luiz, difensore della nazionale brasiliana, un nano, visto il talento calcistico che gli ha permesso l’accesso alle più grandi squadre del mondo, dal Chelsea al Benfica al Paris Saint-Germain. Si può dire piuttosto che David Luiz è il gigante che si è mostrato come un nano, al termine di una gara dove poteva scegliere di uscire da “titanico ciclope” vista la vittoria del suo Brasile, il goal segnato e la semifinale mondiale appena conquistata.
Un gesto, quello di David Luiz, che è ormai stato definito come la pagina bella di questo mondiale, a rimediare le tristi immagini di un morso, una vertebra spezzata, tibia e perone saltati.
Non è solo un atto di consolazione verso un avversario, James Rodríguez, capocannoniere di questi Mondiali in Brasile, con sei reti in cinque partite giocate; non è il semplice attendere i festeggiamenti per la propria squadra, dando priorità alle lacrime di un ragazzo che ha creduto fino all’ultimo di poter riuscire nell’impresa di una coppa mondiale per la sua Colombia; non è solamente lo scambio di maglie tra due colleghi che si rispettano.
È l’idea di annullarsi per un istante chiedendo ad un pubblico mondiale di glorificare il nemico di battaglia, compagno di sogni (e di sventure, visto il risultato della semifinale giocata ieri, Germania-Brasile, 7 a 1), giovane talento sconfitto nella gara ma non nell’orgoglio.
Bruce Lee diceva che essere umili verso i superiori è un dovere, verso gli eguali è cortesia, verso gli inferiori è nobiltà. È così che David Luiz ha compiuto il proprio dovere verso un numero 10 dalle capacità innate, una cortesia per un giocatore di una nazionale avversaria, un gesto di nobiltà, chiedendo al pubblico di applaudire un ragazzo appena sconfitto ma non vinto, rassicurando Rodríguez con parole di affezione e sincera stima.
“Sei un grande giocatore”, pare abbia detto il brasiliano alla stella della Colombia, mostrando al contempo di essere un grande uomo egli stesso, perché non è necessariamente vero che da vincitori è facile “abbassarsi” per mostrare il lato bello di sé. Sarebbe più scontato godere pienamente di quegli istanti di gloria personale, instabili e provvisori, gloria che può sfumare a momenti, da una partita, un fallo, un rigore all’altro.
La condivisione invece “rappresenta la fondamentale tendenza alla continuità per il miglioramento continuo verso l’eccellenza” (dal libro Prede o ragni, De Toni e Comello), perché ogni scontro può essere la solita routine, al di là delle differenze di tecnica, schemi, gioco, risultato, e quel che conta è perciò il senso che viene conferito ad una gara che può rimanere fine a se stessa o può estrinsecare significati ed esempi sempre nuovi.
In questo senso la condivisione di David Luiz verso un grande avversario come James Rodríguez diventa la possibilità di “fare sempre le stesse cose, sempre meglio”.