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Golf, Open Championship: grande equilibrio, tanti favoriti. Rose e Scott su tutti?
Fascino, tradizione e quell’imprevedibilità che lo rendono il Major più caratteristico tra i quattro del Grande Slam, anche solo per il semplice fatto di essere l’unico a giocarsi in terra britannica. Golf back home, verrebbe da dire, con la 143esima edizione dell’Open Championship, uno dei tornei più antichi della storia e una delle settimane più appassionanti dell’anno. E poi ci sono i links, un patrimonio inestimabile, c’è un Royal Liverpool pronto a dare filo da torcere ai più grandi giocatori del globo, in una gara tutta da vivere fino all’ultima buca.
Il British Open, dunque, ritorna ad Hoylake dopo l’ultima comparsa del 2006, quando Tiger Woods collezionò il suo terzo ed ultimo (per ora) Open dominando in lungo e in largo la competizione, con uno dei punteggi più bassi nella storia dei Major (-18). Uno scenario del genere, in un contesto quantomai equilibrato, a distanza di otto anni sembra poco auspicabile, per l’assenza di un vero e proprio cannibale. Uno, in effetti, ci sarebbe e risponde naturalmente al nome di Tiger, ma il fuoriclasse statunitense non offre solide garanzie in questo senso, in quanto si tratterà del secondo torneo dopo il rientro da un infortunio lungo oltre tre mesi. Gran parte delle attenzioni, dunque, saranno concentrate su Justin Rose, vincitore degli ultimi due tornei giocati, il Quicken Loans National e lo Scottish Open. L’opaco inizio di stagione, insomma, è stato letteralmente spazzato via in tre settimane e l’inglese, ora, punta alla classica ciliegina sulla torta, per coronare nel migliore dei modi un mese perfetto. E per far rivivere al suo pubblico le magie di sir Nick Faldo (tra l’altro al via), ultimo inglese a laurearsi Open Champion nel 1992.
Da un tabù all’altro, da Rose ad Adam Scott, in rapporti decisamente conflittuali con il British Open da ben due anni. Nel 2012 i quattro clamorosi bogey delle ultime quattro buche ed un torneo letteralmente gettato alle ortiche, nel 2013 nuovamente quattro bogey consecutivi e sogni ancora infranti, seppur con qualche rimpianto in meno. Il podio, insomma, lo ha scoperto in tutte le sue sfaccettature, ma manca un sigillo che legittimerebbe ulteriormente il trono nel ranking mondiale dell’australiano. Cercherà di attaccarne la leadership, invece, Henrik Stenson (n°2), secondo lo scorso anno e sempre nella Top 10 negli ultimi quattro tornei disputati. Ancora nessuna gioia nel suo 2014, ma lo svedese è consapevole di dover sensibilmente accelerare per potersi togliere il fardello di non avere nessun Major nel palmarès. Molto dipenderà dall’affidabilità del suo gioco lungo.
Rory McIlroy sembrava essere rinato definitivamente dopo la vittoria nel BMW PGA Championship, ma il nord-irlandese non ha saputo dare continuità alla vittoria di Wentworth, come dimostrato anche ad Aberdeen una settimana fa. Le sue qualità, però, sono indiscutibili e ad Hoylake non è escluso che possa arrivare il suo primo British Open, finora il Major in cui si è meno fatto notare. L’Irlanda del Nord calerà anche l’asso Graeme McDowell, in grande spolvero dopo la vittoria all’Open di Francia ed a caccia di uno Slam a quattro anni di distanza dal primo (e finora ultimo), lo U.S. Open 2010. In particolare, GMac potrebbe alzare la voce qualora il campo dovesse diventare estremamente difficile. Non sarà, probabilmente, un torneo per giocatori come Bubba Watson, piuttosto per statunitensi come Matt Kuchar, abile a districarsi in ogni situazione e favorito anche da un volo di palla basso, Jordan Spieth, fuoriclasse a tutto tondo in grado di eccellere anche in un link, e Zach Johnson, reduce da due Top 10 consecutive nelle ultime due apparizioni nella Terra d’Albione. Interessante, inoltre, capire come evolverà la settimana del campione in carica, un Phil Mickelson in evidente calo nel 2014 (nessuna Top 10 per lui) ma uscito con risposte positive dal test generale dello Scottish Open. Rivederlo in corsa per il bis, però, appare utopistico. Grande curiosità anche intorno a Martin Kaymer, che ha alzato il piede dall’acceleratore dopo lo stratosferico U.S. Open, e a Sergio Garcia, giocatore enciclopedico ma allergico alle vittorie nei Major.
Saranno della partita anche due evergreen e plurivincitori di Slam come il sudafricano Ernie Els e l’argentino Angel Cabrera, mai banali quando la posta in palio diventa considerevole. Una caratteristica in comune con l’inglese Ian Poulter, tanto fantasioso e talentuoso quanto spregiudicato e talvolta quasi svogliato. Di fronte al suo pubblico, come già successo lo scorso anno, però, potrebbe esaltarsi. Ci proveranno, con ben poche chance, altri due beniamini di casa come Lee Westwood e Luke Donald, oltre all’australiano Jason Day e al gallese Jamie Donaldson.
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daniele.pansardi@olimpiazzurra.com
Foto: Twitter UK GolfClubs