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Ciclismo

Tour de France 2014: Nibali, Boom e l’Astana, un inno al ciclismo

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Sono giornate come quella odierna che riconciliano col ciclismo, che lo esaltano in tutta la sua grandezza, la sua spietatezza, la sua umanità.

No, non c’è necessariamente bisogno delle montagne per fare qualcosa di epico. Basta il pavè, quell’infernale mix di pietre aguzze come enormi aghi, quel terreno ottocentesco che caratterizza la classica più ambita di ogni primavera ciclistica. Basta la pioggia, poi, a condire tutto, ad innalzare gli eroi sportivi che compiono questa fatica, che arrivano al traguardo avvolti in maschere nere, di fango e sudore, del colore degli spazzacamini e dei boscaioli. Ma ci devono essere i campioni, poi; e i campioni sono coloro i quali vincono in queste condizioni, si esaltano nelle difficoltà, non perdono lucidità e intelligenza nemmeno nei momenti più critici.

Lars Boom e Vincenzo Nibali sono stati tutto questo, oggi. Certo, Boom era tutto sommato prevedibile: olandese, passistone tutto d’un pezzo, da sempre amante di pietre, strade di campagna, fughe interminabili. Boom ha vinto da vero uomo del Nord, da campione del ciclocross, portando a casa la gemma sinora più bella di una carriera di alto livello. Nibali non ha vinto: ha sbancato. Ha pugnalato la concorrenza, l’ha sbiadita, ridotta ad un puntino lontano, vuoi per sfortuna (Chris Froome), vuoi soprattutto per meriti propri, del coraggio, dell’intelligenza, della furbizia, della fortuna, della condizione atletica; Nibali che, ricordiamo, non aveva mai corso sulle pietre e ha scelto la giornata peggiore per debuttare, dominare, esaltare se stesso e il pubblico. In quei “meriti propri”, ovviamente, ci sono anche quelli dell’Astana.

Altro che corazzata Sky: l’Astana, sinora, è la regina delle squadre, il top team assoluto. E se Alessandro Vanotti fa un lavoro oscuro, di regia, e Michele Scarponi tornerà molto utile sulle montagne, oggi Lieuwe Westra e Jakob Fuglsang sono stati sublimi nel loro lavoro, nella loro fatica da gregari, nel loro spirito di sacrificio per il compagno. Diretti in ammiraglia da un Beppe Martinelli che qualche corsa importante l’ha vinta, gestendo sempre campioni e gregari con ineguagliabile scaltrezza, i ragazzi in maglia azzurra hanno dato vita ad una prova di squadra che si è mischiata all’individualismo, alla straordinaria classe di Vincenzo Nibali. Hanno dato vita al ciclismo.

foto: pagina FB Tour de France

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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