Ciclismo
Vuelta a España 2014: nel nome di Alfredo
Tutti assieme, oggi, pedalavano per il Grande Vecchio. Del resto, anche i corridori di altre nazioni lo conoscevano, se non personalmente almeno per qualche racconto degli azzurri: Alfredo Martini era, è nell’aria di ogni corsa di ciclismo, tra aneddoti e testimonianze, tra foto puntualmente tirate fuori da qualche appassionato e ricordi dei giornalisti.
Anche John Degenkolb, ne siamo certi, sarebbe stato felice di dedicare la sua vittoria ad un personaggio del genere, che ha vissuto 93 anni in bicicletta, con la bicicletta, per la bicicletta, tanto da averla proposta come premio Nobel per la pace perché “la bicicletta è sorriso; chi va in bici fischietta, pensa, progetta, canta, sorride“. Alfredo era il saggio, quello a cui chiunque, tecnico o corridore o semplice appassionato, poteva rivolgersi per un parere, un consiglio, un’indicazione: e chi lo faceva, ne usciva immancabilmente arricchito, umanamente prima ancora che ciclisticamente.
Alfredo era l’ultimo testimone di un’epoca che non c’è più: quella dei nostri nonni, quella della guerra e della miseria, della fame e della ricostruzione. Quella di un ciclismo popolare, davvero popolare, più importante del campionato di calcio, e di grandi campioni entrati nella leggenda non solo sportiva. Adesso è là, nel Paradiso della bicicletta: ha rivisto Gino e Fausto, Fiorenzo e Gastone, l’altro grande Alfredo e Costante; in un angolo, poi, ha salutato il Pirata e il Chava, intenti a parlare tra loro, perché Pantani e Jiménez non hanno il glorioso curriculum dei sopracitati, ma hanno acceso i cuori e le fantasie popolari in egual misura. Ha stretto la mano a tutti, soprattutto a quei gregari di una volta, come Alfredo Bini ed Ettore Milano, che si sobbarcavano una fatica inimmaginabile per favorire i trionfi di Gino, di Fausto e degli altri campionissimi. Ha abbracciato in modo speciale Franco Ballerini, il suo indimenticabile erede, che ha voluto precedere il maestro in questo traguardo. E poi ha guardato giù, sorridendo a quei ragazzi che sgroppavano sulle strade di Spagna, pensando ai chilometri fatti in bici e in ammiraglia, ai successi e alle delusioni, in un impareggiabile film che si conclude con un ragazzo un po’ siciliano e un po’ toscano in maglia gialla sotto l’Arco di Trionfo. Si è seduto assieme a tutti gli altri, ben sapendo che, per quanto ora sia là, un posto d’onore sull’ammiraglia della nazionale italiana gli sarà sempre riservato.
foto: Wikipedia
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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com