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Ciclismo, Bradley Wiggins: l’importanza di vincere tutto

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Non è facile scrivere qualcosa riguardo Bradley Wiggins. Il tempo passa e il palmares è sempre più ricco. Dai successi in pista, Olimpici e Mondiali, il britannico è passato alla strada. Prima specialista dei prologhi, poi sempre più performante anche su cronometro più lunghe e impegnative. Nel 2009 sfiora il podio al Tour de France, dove chiude quarto.

Nel 2012 torna, ancora più conscio delle proprie possibilità dopo 9 mesi di sacrifici per riuscire ad andare in salita come uno scalatore. E vince. Un pistard in maglia gialla a Parigi dopo 21 giorni di corsa, sul podio assieme al compagno di squadra Chris Froome e ad un arrembante Vincenzo Nibali. Meno di una settimana e torna a vincere una medaglia d’oro Olimpica. Nella cronometro su strada, a Londra, davanti al suo pubblico. Il 2013 non è facile, con il ritiro al Giro d’Italia, eppure Sir Wiggins non si lascia abbattere e nel 2014 si reinventa, ancora una volta.

Sembra assurdo, eppure prende il via, e con ambizioni importanti, alla Parigi-Roubaix. Nel corso della gara sembra faticare, ma con il passare dei chilometri è sempre più nel vivo della corsa, fino a ritrovarsi nel finale nel gruppetto che si gioca la vittoria, andata a Niki Tepstra dopo uno scatto secco portato a 6 chilometri dalla conclusione. Ma Wiggins c’è, è nono, con Cancellara, Vanmarcke e Boonen dopo 55 chilometri estenuanti di pavè e ciotolato. Ancora una volta, Bradley è riuscito a superare se stesso.

Escluso dal Tour de France a causa di scelte della squadra, non gli resta che un appuntamento. La cronometro individuale del campionato del mondo su strada, dove non è mai riuscito a vincere. Nel 2013 si era fermato all’argento, proprio come nel 2011. Il detentore del titolo è Tony Martin, tedesco, soprannominato Panzer Wagen. Una garanzia di successo: potenza ineguagliabile e la capacità di spingere lunghi rapporti come nessuno. Favoritissimo, dopo tre successi consecutivi, per conquistare il primo poker nella storia della disciplina.

Wiggo, nel contempo, si prepara in sordina. Senza clamore, senza prestazioni esaltanti. Fino a ieri. Quando scende dalla pedana e compie le prime pedalate è composto ed elegante come al solito. I movimenti sono ridotti al minimo, la prestanza aerodinamica è tendente alla perfezione. La schiena è parallela all’asfalto che scorre veloce sotto la sua Pinarello, aerografata con i colori della Union Jack, la bandiera della britannica. E il resto è storia: una prova in crescendo, ma senza eccessi. Come la sua pedalata, studiata seppur sembri così naturale, senza sforzo. Come se l’unica cosa che qui piedi possano fare è girare sulle pedivelle per volare ad oltre 50 chilometri orari di media. Non perde mai la posizione e spinge fino agli ultimi metri di gara prima di perdere posa regale che l’ha contraddistinto per tutti i 47 chilometri nei dintorni di Ponferrada per buttarsi a terra per riprendere fiato in attesa di Tony Martin.

E il tedesco è dietro, di 26”. Una piccola enormità dati i pronostici della vigilia. L’ennesima sfida, l’ennesima vittoria. Quasi impossibile trovare qualcosa di simile nel ciclismo maschile. Una tal varietà di successi che ha del paradossale in uno sport dove l’iperspecializzazione sembra premiare più della multidisciplinarietà coltivata dal Baronetto. L’oro odierno, per quanto meno significativo forse di quelli conquistati alle Olimpiadi, proietta Wiggins nell’Olimpo di questo sport dopo aver vinto titolo mondiali e olimpici sia su pista che su strada, oltre ad un Tour de France.

Le sfide, per il 34enne del team Sky, non possono finire qui. La prossima primaverà si cimenterà nuovamente nella Parigi-Roubaix, con una preparazione più specifica e mirata per rendere al meglio sul fondo disconnesso delle pietre del nord della Francia. Poi, in cantiere, il record dell’ora appena stabilito da Jens Voigt prima di tornare definitivamente alla pista in vista delle Olimpiadi di Rio 2016. Senza nemmeno difendere il proprio titolo iridato a cronometro. Inutile raggiungere lo stesso obiettivo più volte. Meglio, molto meglio, andare avanti. Trovare una nuova montagna da scalare, altre piste su cui volare, altre corse da vincere. 

Grazie, Sir Bradley Wiggins. 

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gianluca.santo@olimpiazzurra.com

Foto: Pagina Facebook Team Sky

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