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Rugby, Guinness Pro12 al via: un campionato sempre più povero? Leinster ancora favorito

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Top 14 e Premiership si sono allontanati ulteriormente. In termini economico-finanziari, di sponsorship, di appeal, di pubblico e, più prettamente, in termini tecnici e qualitativi. Negli anni, il Pro12 è lentamente diventato il fratello povero tra i tre figli del professionismo europeo, a fronte della crescita impetuosa dei club francesi ed inglesi, dirompenti nello sfruttare al meglio il proprio prodotto. La recente riforma delle coppe europee, d’altronde, è un esempio di quanto il peso della lega celtica sia calato drasticamente di fronte a quello politico, economico e tecnico di Francia ed Inghilterra. Così come il grande esodo di irlandesi, scozzesi, gallesi ed italiani verso l’estero, che hanno depauperato un campionato sempre più livellato verso il basso.

La stella più brillante nel panorama celtico, nonostante gli addii di O’Driscoll e di Leo Cullen, resta Leinster, campione per due anni consecutivi e il naturale favorito anche per la stagione in procinto di iniziare. I dubliners hanno cercato di rimpiazzare le due colonne (difficile, soprattutto uno come BOD) con gli acquisti dell’australiano Kane Douglas e della stella del Rugby League, il samoano Ben Te’o. Molto, inevitabilmente, dipenderà anche dal loro rendimento. Dalle retrovie, dovranno inseguire sia Munster che Glasgow Warriors, probabilmente le due rivali più accreditate per interrompere il ciclo della franchigia di Dublino. La Red Army ha perso una pedina importante come Laulala, per scommettere forte su due ‘down under’, il neozelandese Tyler Bleyendaal e l’australiano Andrew Smith. I Warriors, franchigia solida e rocciosa per eccellenza, proveranno ad arrivare fino in fondo dopo la prima finale della storia dello scorso maggio, guidati dalla mano sapiente di coach Gregor Townsend.

Sembra essere imploso, invece, l’interessante progetto costruito negli ultimi anni da Mark Anscombe ad Ulster. A Belfast, però, la situazione è precipitata a giugno, e il coach neozelandese e il Director of Rugby, David Humphreys, hanno lasciato l’incarico sollevando un polverone. E ora, sulla talentuosa franchigia nord-irlandese, pende l’incognita sulla stabilità dell’ambiente senza la guida degli ultimi (brillanti) anni. Rivoluzionati nell’organico, invece, gli Ospreys, che hanno detto addio a tante personalità di spicco (Hibbard, Rees, Evans, Adam Jones) e probabilmente non potranno spingersi fino ai playoff. Cessioni pesanti anche in casa Scarlets (Jonathan Davies su tutti) che, tuttavia, potrebbero ergersi a sorpresa del torneo in quanto meno indeboliti di altre franchigie. Hanno resistito stoicamente agli assalti su Sam Warburton i Cardiff Blues, oltretutto rinforzatisi enormemente con l’inaspettato arrivo di Adam Jones e del talentuoso Gareth Anscombe (figlio di Mark). Gli estremi per avvicinare la prima metà della classifica, nonostante l’addio di Halfpenny, ci sono tutti.

Sostanzialmente invariata la situazione di Edimburgo, mentre destano curiosità i nuovi arrivi di Connacht: dai Chiefs sono sbarcati Mils Muliaina, 100 volte in maglia All Blacks, e l’estroso e talentuoso Bundee Aki. Dalle loro capacità di adattarsi passerà molto della stagione della franchigia di Galway. Destinati alle zone basse della classifica, insieme a Benetton Treviso (clicca qui per una presentazione approfondita) e Zebre (clicca qui per una presentazione approfondita), anche i Dragons di Newport che, sebbene abbiano in rosa un cecchino di Jason Tovey, pecchino di profondità.

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daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

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