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Ryder Cup 2014, attesa finita: l’Europa favorita per il tris, gli Stati Uniti cercano vendetta. E la cabala…

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Tifo da stadio, passione, drammaticità. Ma anche signorilità, rispetto e, naturalmente, uno spettacolo di straordinaria qualità. D’altronde, a sfidarsi sul suolo di Gleneagles saranno i ventiquattro migliori golfisti delle due sponde dell’Atlantico, nella competizione simbolo del golf, in uno degli eventi sportivi più seguiti del globo dopo Olimpiadi e Mondiali di calcio. E’ la Ryder Cup. è il 40° atto del duello tra Europa e USA, tra i più avvincenti nella storia dello sport. Nessun montepremi, nessun premio in denaro: in palio c’è solo la gloria ed un posto assicurato nell’Olimpo del golf.

Il programma e gli orari tv I dodici europeiI dodici statunitensi – Le possibili coppie per i doppi – I numeri dei protagonisti

Mettete da parte i classici tornei della settimana sui vari circuiti. La Ryder cambia volto al golf. Da sport individuale a vero e proprio sport di squadra, con un vero clima da spogliatoio, con un reale gruppo da cui attingere risorse, energie e stimoli per districarsi in tre giorni potenzialmente thriller. E ad offrire la dimostrazione più evidente di quanto la coesione del gruppo sia fondamentale in una Ryder è stata l’Europa, due anni fa, con il Miracolo di Medinah, uno degli avvenimenti sportivi più clamorosi dell’ultimo decennio. Dodici individualità, in quel contesto, avrebbero potuto ben poco. La forza della Ryder Cup, però, è anche questa: riuscire ad unire sotto la bandiera europea caratteri e personalità in alcuni casi diametralmente opposti e di diverse nazionalità, caso più unico che raro nello sport e una missione finora sostanzialmente fallita da decenni di politiche comunitarie.

Gli uomini di McGinley, insomma, ripartono dallo spirito di quella mirabolante giornata di Chicago, con cui hanno fatto innamorare ulteriormente il popolo europeo del golf. L’accoglienza di Gleneagles e della Scozia (a proposito, è soltanto la seconda edizione ad essere giocata sul suolo scozzese) del resto, è stata piuttosto calorosa, per usare un eufemismo, fattore da non sottovalutare nel corso dei tre giorni di gare. McIlroy&co. cercheranno di farsi trascinare il più possibile dal pubblico, per smorzare i desideri di vendetta di una squadra statunitense quantomai agguerrita ed intenzionata a cancellare dalla mente lo smacco di Medinah e le numerose sconfitte delle recenti edizioni (ben sette nelle ultime nove). I grandi favoriti, però, restano i padroni di casa. Vuoi per il fattore-campo, vuoi per la grande stagione di molti dei componenti della squadra europea (McIlroy, Garcia, Kaymer su tutti), vuoi per la presenza di uno come Ian Poulter (80% di vittorie in Ryder), vuoi per una qualità generale apparentemente superiore a quella statunitense, vuoi perché l’ultimo successo in terra europea degli Stati Uniti risale al 1993. Ovvero quando a capitanare gli stars and stripes c’era Tom Watson, la leggenda (oltretutto parecchio amata in Scozia) ritornata a guidare gli States proprio per questa Ryder. Le premesse sembrerebbero propendere ugualmente per  la terza vittoria consecutiva dell’Europa che, nonostante la presenza di tre rookie, parrebbe più solida e concreta nel complesso.

Difficile dunque, ma di certo non impossibile per gli ospiti. Watson avrà a disposizione una formazione dall’indiscusso talento, ma probabilmente con troppi fenomenali perdenti, come testimoniato dalla stagione appena trascorsa. Due nomi su tutti: Rickie Fowler e Jim Furyk, ma anche Jordan Spieth si è dovuto accontentare soltanto di piazzamenti onorevoli. Due fuoriclasse già affermati e un classe ’93 dal futuro già scritto, ma in una competizione dura e selettiva come la Ryder Cup la cattiveria agonistica potrebbe recitare un ruolo fondamentale. E vincere, si sa, aiuta a vincere. Watson dovrà puntare soprattutto sulla creazione di un ambiente solido e senza crepe, quello che è spesso mancato agli Stati Uniti rispetto ai colleghi europei. E per uno del suo carisma potrebbe non essere un’impresa impossibile. Per sfatare il tabù, poi, la pallina passerebbe a Bubba Watson&co., come nel 2008 senza Tiger Woods in squadra. La Tigre è stata spesso considerata quasi un ostacolo nei doppi, in quanto giocare con un tale campione ha limitato non poco le prestazioni dei vari compagni (Stricker nel 2012, per citarne uno). E l’ultima vittoria statunitense a quando risale? Proprio al 2008, a Valhalla. E se la cabala vale qualcosa, ne vedremo delle belle.

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daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

Foto: Official Twitter Scotland Now

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