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Boxe, Raffaele Bergamasco: “Puntare sui giovani paga. Professionismo in crisi? Vi spiego perché”
Raffaele Bergamasco è il principale artefice dell’ottimo momento della boxe italiana. Nominato Head Coach nel 2013, nella passata stagione il tecnico campano ha portato il Bel Paese al quinto posto finale nel medagliere dei Mondiali con 1 oro (Clemente Russo) e 2 bronzi (Domenico Valentino e Roberto Cammarelle). A lui si deve, inoltre, il grande rilancio del settore giovanile, dopo oltre un lustro in cui faticavano ad affacciarsi alternative ai soliti noti.
Vi proponiamo un’intervista molto interessante, in cui Bergamasco ha parlato a 360 gradi della situazione attuale del pugilato tricolore: dai nuovi campioni in rampa di lancio, alle aspettative verso Rio 2016 (con un proliferare di ‘sigle’ che non aiuta a fare chiarezza), fino alle motivazioni della crisi del professionismo.
Da quasi 10 anni il pugilato italiano, per ottenere risultati importanti a Mondiali ed Olimpiadi, si affida ai suoi intramontabili e sempre affidabili veterani. Rispetto al passato recente, tuttavia, in questa stagione abbiamo assistito ad una rinascita del settore giovanile, come testimoniano i successi di Vincenzo Arecchia, Vincenzo Lizzi e Giovanni Sarchioto. Quali sono le cause di questa fondamentale svolta?
“Cominciamo col dire che nello scorso quadriennio ci sono stati anche dei problemi di budget, quindi si era preferito puntare maggiormente sugli atleti di vertice per ottenere delle medaglie alle Olimpiadi di Londra. Dal 2013, anno in cui sono diventato Head Coach, ho deciso di puntare tanto sui giovani, anche perché i nostri campioni non sono eterni ed il tempo, purtroppo, passa anche per loro. Per prima cosa ho stabilito di accorpare i due settori: i giovani ora si allenano con gli Elite. In questo modo possono imparare moltissimo stando fianco a fianco di pugili che hanno una lunga esperienza alle spalle. Inoltre abbiamo dato loro maggiori responsabilità, non spaventandoci di schierarli nelle principali competizioni internazionali giovanili. La bravura di noi allenatori sta nel far capire ai ragazzi che devono credere in loro stessi“.
Alcuni di questi nuovi talenti sono già pronti per combattere a livello Elite?
“Secondo me sì e sono certo che non farebbero neanche brutta figura, perché sono davvero talentuosi. Chiaramente dovranno acquisire esperienza“.
Alle Olimpiadi di Londra 2012 l’Italia riuscì a qualificare ben 7 pugili, un bottino importante. In vista di Rio 2016, quali sono le aspettative in questo senso?
“Se lavoriamo bene, possiamo ottenere un risultato ottimo e altrettanto buono. La verità è che preferisco portare pochi pugili, ma da medaglia, piuttosto che averne dieci eliminati tutti al primo turno“.
Parliamo dei singoli. Dopo aver tentato, senza troppa fortuna, l’avventura nei welter, Vincenzo Mangiacapre è tornato a combattere nei superleggeri (-64 kg): ci puoi spiegare il tuo punto di vista in proposito?
“Vincenzo è un grandissimo talento, un fuoriclasse. Ma nei -69 kg avrebbe trovato 4-5 pugili più forti di lui, non certo tecnicamente, ma per una questione fisica. La boxe di Mangiacapre è fatta tutta di schivate e ribattute, ma il suo handicap nei welter è l’altezza, perché farebbe molta fatica con gente di 1.80 m. Siamo stati in disaccordo sulla scelta di passare ai -69 kg. Gli ho sempre detto che avrebbe anche potuto far bene, ma per raggiungere il suo vero obiettivo, cioè l’oro a Rio 2016, deve combattere nei superleggeri. Sono certo che in questa categoria può battere chiunque“.
Domenico Valentino, invece, non ha iniziato al meglio la sua avventura nelle APB, sconfitto al debutto dal filippino Charly Suarez.
“Avrà sicuramente l’opportunità di rifarsi, se non in questa prima fase, di certo nella seconda. Sulla sua partecipazione alle prossime Olimpiadi non penso possano esserci problemi“.
Veniamo poi ai nomi nuovi che si sono affacciati in questa stagione: partiamo dal giovanissimo (19 anni) Salvatore Cavallaro, un peso medio di spessore che l’Italia attendeva da anni.
“In effetti Cavallaro ha tutte le qualità per coprire al meglio una categoria, quella dei -75 kg, dove eravamo scoperti da tempo. A dispetto della giovane età, è un ragazzo su cui faccio moltissimo affidamento e spero possa riuscire ad essere presente già alle Olimpiadi di Rio de Janeiro“.
Valentino Manfredonia, campione dell’Unione Europea 2014 nei mediomassimi, si è imposto poi come vera rivelazione stagionale.
“Per tanti può essere considerato un nome nuovo, ma non per me. Insieme al nostro team Manfredonia ha compiuto dei miglioramenti davvero notevoli da gennaio a giugno ed è pronto per ottenere grandi risultati. Potrebbe essere la sorpresa per il prossimo biennio. Tra i pugili in crescita, voglio citare anche Fabio Introvaia (-60 kg) e Fabio Turchi (-91 kg), due ragazzi che stanno compiendo progressi importanti“.
Parliamo della spinosa vicenda Manuel Cappai, per il quale la Procura Antidoping del Coni ha chiesto un anno di squalifica per non aver dichiarato per tre volte la reperibilità per eventuali controlli a sorpresa: che idea ti sei fatto della questione e come speri possa evolversi?
“E’ una vicenda che reputo piuttosto sconcertante. Mi sembra di vedere un certo accanimento dei suoi confronti. Il deferimento è arrivato proprio nei giorni del polverone sollevato dal caso Schwazer e che ha visto coinvolta l’atletica. Non vorrei che Cappai, come altri sportivi, sia da considerare una sorta di capro espiatorio. Di certo una leggerezza è stata commessa, una dimenticanza. Però l’atleta era sempre con noi in ritiro ed una volta è stato sottoposto ad un controllo anti-doping a sorpresa che ha dato esito negativo.
Sul punire duramente chi si dopa davvero sono d’accordo, ma Manuel è pulito. Mi auguro che il giudizio venga fatto con buon senso e tenendo conto di tutti i fattori che ho spiegato. Cappai è un pugile su cui contiamo molto e che può giocarsela con tutti“.
Dopo le Wsb, l’Aiba ha varato un’altra sigla professionistica, quella della APB, naturalmente parallela alle varie WBO, WBC, etc…Alle Olimpiadi ci si potrà qualificare in tre modi: dilettantismo tradizionale, WSB e APB. Non c’è un po’ troppa confusione?
“Io ho sposato questa novità dell’Aiba. Naturalmente ci sono i pro ed i contro. Nell’APB i pugili hanno un calendario annuale, sono sovvenzionati dall’Aiba, hanno a disposizione medici eccellenti…A volte, però, capita di affrontare avversari non proprio all’altezza. Secondo me solo dopo Rio si potrà capire se l’esperimento ha funzionato o no“.
Alle Olimpiadi brasiliane, quindi, per la prima volta combatteranno i dilettanti contro i professionisti dell’Aiba. Sembra un controsenso: un professionista non dovrebbe essere nettamente avvantaggiato?
“Sicuramente vinceranno i dilettanti! Vi faccio un esempio per farvi capire: è come se un maratoneta affrontasse un velocista sui 100 metri: chi vince? Un professionista ha altri ritmi, si prepara per durare su tante riprese e non è abituato a dare tutto in sole tre riprese. Su una distanza così corta, credo che un professionista, per vincere, debba terminare l’incontro prima del limite. Altrimenti al 99% perde. E questo varrebbe anche per Klitschko. 12 o 3 round cambia tutto, sono due sport diversi. Nel caso della APB, i round sono 6, ma la sostanza non cambia“.
Non una bella notizia per Clemente Russo, che ha sposato il nuovo progetto della APB: secondo te, dunque, potrà avere problemi a Rio per riabituarsi alle tre riprese?
“Se Clemente si qualificherà in fretta per Rio, come ci auguriamo, e poi da maggio-giugno del 2015 in poi si allenerà sui ritmi più elevati dei dilettanti sulle tre riprese, non avrà problemi. Se invece combatterà nelle APB fino al 2016, allora poi non sarà semplicissimo. Tuttavia già lo scorso anno Russo ha dimostrato di essere un campione e di sapersi adattare in fretta: ha combattuto nelle WSB fino a maggio, per poi vincere i Mondiali ad ottobre“.
Da troppi anni il professionismo (quello tradizionae, non dell’Aiba, per intenderci) vive una crisi profonda in Italia: ti sei fatto un’idea delle cause?
“Ho sentito tantissime critiche sui miei ragazzi. ‘Russo e Cammarelle non passano professionisti perché hanno paura’. Non è vero, nella maniera più assoluta. La Federazione sovvenziona i pugili, hanno degli stipendi. All’inglese Anthony Joshua, che Cammarelle ha demolito a Londra, al di là del verdetto dei giudici, hanno offerto un milione di dollari ed è passato professionista. Se avessero fatto una offerta simile ai nostri, anche un po’ inferiore, sono certo che avrebbero accettato. In italia con quali prospettive si passa professionisti? Alcuni pugili combattono per cifre modeste, spesso con avversari non irresistibili. Non c’è alcuna garanzia economica. Per fortuna la Lega Pro Boxe negli ultimi anni si sta dando da fare per cambiare le cose e qualche miglioramento già si intravede. E vi dirò di più….”.
Dica pure.
“Nel mondo il professionismo è calato tanto. Tolti 10, massimo 15 fuoriclasse, e tra questi cito i fratelli Klitschko, Pacquiao e Mayweather, al momento i migliori pugili del mondo sono dilettanti“.
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federico.militello@olimpiazzurra.com