Ciclismo
Ciclismo: Aru a scuola da Nibali…come Nibali a scuola da Basso
L’allievo ha imparato dal maestro ed è pronto ad insegnare ad un altro allievo. L’esperienza è così, in ogni sport e anche in moltissimi ambiti della vita: si fa fatica, si sbatte la testa, si prendono a modello atleti che hanno già raggiunto il successo cercando di capire quali siano i loro segreti. Si cresce e si vince, e poi, magari, si trasmettono gli stessi “trucchi del mestiere” a qualcuno più giovane.
Vincenzo Nibali ha avuto un maestro d’eccezione: Ivan Basso. Il siciliano ha trascorso sette stagioni in Liquigas, cinque delle quali al fianco del varesino che vantava già una vittoria al Giro d’Italia e due podi al Tour. E mentre la “seconda carriera” di Basso proseguiva con ulteriori successi, Nibali cresceva: da cronoman, diventava scalatore pur senza perdere smalto nelle prove contro il tempo, imparando a dosarsi nelle salite lunghe – la vera qualità dello storico “diesel” di Cassano Magnago – e ad essere più esplosivo in quelle brevi, caratteristica, questa, che invece Basso non ha mai posseduto pienamente. Per anni si sono spartiti gli obiettivi stagionali e il miglioramento di Nibali, nelle stagioni in maglia verde acqua, è stato costante e inarrestabile: poi Vincenzo è arrivato ad un punto tale da potersi permettere di mettersi in proprio, di avere una squadra tutta sua, nella quale fare il capitano unico. Ma il rapporto tra i due non si è incrinato, e anzi Basso, nella magica estate 2014, ha spudoratamente tifato per l’amico messinese a caccia di quella maglia gialla che lui, pur senza rimpianti, non è mai riuscito ad indossare.
Sette anni di differenza tra Basso e Nibali, sei anni di differenza tra Nibali e Aru. Adesso le parti si sono invertite. Il siciliano è nel pieno del suo fulgore agonistico, ma accanto alle vittorie trova, deve trovare il tempo per insegnare qualcosa al giovane sardo. Difficile immaginare qualche contrasto tra i due: Aru è un ragazzo umile e timido, che non fa mai proclami e non ama la luce dei riflettori. Così, pur con la consapevolezza di avere a che fare con un predestinato, il ciclismo italiano quest’anno ha scoperto tutta la sua classe, al Giro come alla Vuelta. Mentre Vincenzo dominava al Tour e Beppe Martinelli, saggio direttore d’orchestra, gongolava in ammiraglia. Vincenzo e Fabio hanno ancora tanta strada da fare: presto o tardi, ognuno sceglierà la propria via, cercherà nuovi stimoli. Ma intanto sono assieme. E Fabio impara come si fa a diventare un grande delle corse a tappe.
foto: Gianluca Santo
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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com