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Ciclismo: i campioni che diventano gregari

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Nel ciclismo è molto difficile essere competitivi quando la propria carta d’identità supera i 35 anni. Certo, la longevità degli sportivi, non solo dei corridori, si sta alzando: ma al netto dei “cacciatori di tappe” o comunque dei ragazzi da corsa in linea (vedi Jens Voigt o Davide Rebellin), risulta molto complicato, a una certa età, battagliare in uno sprint o sulle grandi montagne.

Si tratta di una questione naturale e soggettiva, legata al declino di alcune caratteristiche fisiche che avviene in momenti diversi a seconda del singolo caso. In ogni caso, questo fisiologico calo non significa assolutamente obbligare l’atleta in questione a farsi da parte: soprattutto nel ciclismo, che rappresenta quel particolare mix tra disciplina individuale e collettiva, si ha la possibilità di rivestire un altro ruolo nel finale di carriera. Quello del gregario. Quello che farà Ivan Basso, approdato alla corte di Alberto Contador per il 2015, la stagione alla quale si presenterà con 37 anni compiuti. D’altronde il contributo di esperienza prima e durante la corsa rappresenta uno dei patrimoni più grandi di un corridore: e il varesino, professionista dal 1996, ne ha da vendere. Senza contare che, preparando adeguatamente un grande giro, Basso potrebbe essere l’ultimo uomo del madrileno sulle grandi montagne, perché le sue qualità da scalatore sono indiscutibili; anzi, potrebbe magari puntare ad un successo parziale che gli manca dal 2010, anno in cui vinse sullo Zoncolan e trionfò nella classifica finale del Giro d’Italia.

Prima di Ivan Basso, tanti altri campioni delle due ruote avevano compiuto questo percorso. Pensiamo ad Alessandro Petacchi, 41 anni da compiere a gennaio e 179 vittorie, quasi tutte in volata (una delle quali, il GP Cerami, ottenuta pochi mesi fa): uno dei più vincenti velocisti della storia aiuta ora Mark Cavendish negli sprint lanciati dalla Omega Pharma-Quick Step. Prima ancora, tra molti altri viene in mente il caso di Gianni Bugno: classiche su classiche, un Giro d’Italia e due Mondiali, nel 1997 e nel 1998, approdato alla corazzata Mapei, aiutò Pavel Tonkov a duellare con Marco Pantani sulle grandi montagne.

D’altronde fermarsi dopo aver raggiunto il picco di vittorie e popolarità, oppure proseguire per passione e magari per trasmettere qualcosa ai più giovani, è una scelta assolutamente soggettiva e insindacabile. Persino Fausto Coppi continuò oltre quello che il suo martoriato e straordinario fisico gli consentiva, andando avanti sino ai quarant’anni (probabilmente anche per sfuggire ad una vita privata che i media di allora facevano notevolmente pesare). E avrebbe corso un’altra stagione, Fausto, con l’amico-rivale Gino Bartali a dirigerlo in ammiraglia, se la malaria non l’avesse stroncato in quell’assurdo 2 gennaio 1960.

foto: pagina Facebook Giro d’Italia

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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