Ciclismo
Ciclismo: il ritorno di Santambrogio e il diritto alla seconda chance
Mauro Santambrogio torna in gruppo, con quell’Amore&Vita che lotta da sempre per il ciclismo pulito, venendo puntualmente ignorata dagli organizzatori delle grandi corse: la notizia è di qualche giorno fa, ma apre il campo ad una riflessione.
Chi sbaglia, ovvero chi viene trovato positivo ad un controllo antidoping, merita una seconda chance? Come nel diritto penale un detenuto, una volta scontata la pena, può riabilitarsi e riprendere una vita e una professione normali, anche nello sport vige questa regola, che fondamentalmente è basata sul buon senso: rarissimi, infatti, i casi di radiazione. Moltissimi gli esempi: Ivan Basso ha patito due anni di squalifica tra 2007 e 2009, vincendo poi il Giro d’Italia 2010; Davide Rebellin ha subito l’onta della restituzione della medaglia olimpica vinta a Pechino 2008, ma continua e correre e vincere nonostante i 43 anni; Alberto Contador, per gli assurdi meccanismi della giustizia sportiva mondiale (tutto il mondo è paese), ha vissuto addirittura una squalifica parzialmente retroattiva con la perdita di un Tour de France e di un Giro d’Italia, e potremmo continuare con Alejandro Valverde e decine – purtroppo – di altri casi di questo martoriato sport.
Una terza chance, invece, pare eccessiva. Pensiamo a Riccardo Riccò: squalificato per due anni nel 2008, squalificato per dodici anni, dunque una radiazione de facto, nel 2011 dopo l’incredibile caso dell’autoemotrasfusione. Il triste recordman di questo settore è forse Danilo Di Luca, compagno di Santambrogio alla Vini Fantini in quel Giro d’Italia 2013 e, dopo due prime squalifiche, radiato a vita al terzo caso. Come spesso accade in questi casi, l’abruzzese ha poi gettato ombre sull’intero sistema, affermando di “pagare per tutti” e garantendo che tutti i suoi colleghi fanno abituale uso di sostanze dopanti.
Ma tralasciando l’ipocrisia dei “campioni” dopati – altrimenti ci sarebbe da aprire l’immane faldone relativo a Lance Armstrong – chiudiamo riagganciandoci all’introduzione: siamo felici che a Santambrogio venga data una seconda chance. Per quanto il ciclismo possa definitivamente sconfiggere il problema doping non solo con gli incessanti controlli da prendere a modello per tutti gli altri sport, ma anche con squalifiche esemplari per corridori e soprattutto medici/massaggiatori/manager compiacenti, i più elementari diritti umani vanno garantiti. E tra questi c’è la possibilità di avere un’altra opportunità, dopo aver saldato il proprio conto con la giustizia. Una sola, però. Da non sprecare.
foto: pagina Facebook Giro d’Italia
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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com