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Il caso Sun Yang e la grande ipocrisia dell’antidoping

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La notizia è arrivata ieri, quando in Italia era mattina: il grande nuotatore cinese Sun Yang è risultato positivo ad un controllo antidoping. Un caso che all’apparenza potrebbe essere uguale alle tante altre positività che si riscontrano ogni anno in tutti gli sport, ma che in realtà ha messo in luce diversi aspetti contraddittori della lotta al doping.

Innanzi tutto, analizziamo la vicenda, che ha non pochi punti oscuri. Sun Yang è stato trovato positivo nel mese di maggio ad un controllo effettuato dalle autorità nazionali cinesi, fatto che avviene in tutti i Paesi, in particolare quando si tratta di competizioni nazionali. Sempre gli organi del Paese asiatico hanno comminato al campione olimpico una pena di soli tre mesi ma, soprattutto, non hanno fatto sapere nulla al resto del mondo, rendendo pubblica la notizia a pena già scontata e quando il nuotatore era già tornato in gara. Una vicenda che mette in evidenza quanto sia ancora debole il sistema antidoping e quanto la lotta all’uso di sostanze proibite sia ancora distante dal poter cantare vittoria se persino un’agenzia nazionale antidoping copre, almeno per un dato periodo di tempo, le magagne di un proprio atleta.

Sul fatto che le autorità cinesi non si siano comportate in modo adeguato, dunque, non ci sono dubbi. La WADA (Agenzia Mondiale Antidoping), infatti, ha già fatto sapere che esaminerà in modo approfondito il dossier per decidere se fare ricorso presso il TAS, come annunciato dal portaparola Ben Nichols. Dall’altro lato, però, si situano con la stessa dose di ipocrisia coloro che hanno colto l’occasione per lanciare invettive un po’ in tutte le direzioni. Il primo facile bersaglio è il sistema sportivo cinese, che secondo molti sarebbe un’enorme rete di doping organizzato: se così fosse stato, avrebbero certamente evitato di controllare un atleta di riferimento come Sun Yang in momento nel quale poteva risultare positivo. Che in Cina il problema doping sia presente è innegabile, ma il fatto che le autorità locali controllino i propri atleti va visto come un fatto positivo: se l’agenzia cinese non avesse effettuato il controllo, nessuno avrebbe saputo nulla e, paradossalmente, tutti avrebbero dormito più sereni. Non va dimenticato, inoltre, che il numero di casi doping in Cina è ingigantito dalla grande quantità di atleti presenti nel Paese, mentre le percentuali di casi doping sono sì elevate ma non superiori a quelle alcune altre nazioni.

Un altro punto che molti dimenticano, è che quello di Sun Yang non sarebbe di certo il primo caso di un’autorità nazionale che copre un proprio atleta: di recente, ad esempio, la WADA e l’UCI hanno accusato il Comitato Olimpico Ceco di non aver analizzato a dovere la vicenda del ciclista Roman Kreuziger, mentre in passato possiamo ricordare lo strano caso del nuotatore brasiliano Cesar Cielo, risultato positivo ai Campionati Nazionali e poi tornato in piscina per i Mondiali di Roma, e si potrebbe andare avanti citando almeno un episodio per Paese. Volendo poi affondare il coltello nella piaga, il caso più eclatante fu quello del tennista Marin Čilić, nel quale furono addirittura le massime autorità internazionali del tennis a coprire la positività del croato, prima che la stampa del suo Paese rivelasse l’accaduto.

Un ultimo appunto va fatto sulla sostanza alla quale Sun è risultato positivo: si tratta della trimetazidina, un farmaco che si assume per via orale. Ma ciò che in molti non hanno sottolineato a dovere è che questa molecola è stata inserita nell’elenco delle sostanze dopanti da quest’anno, fatto che non scagiona di certo Sun, ma che mette in evidenza l’ipocrisia di coloro che condannano fermamente il nuotatore senza voler ascoltare ragioni. La versione dei fatti del diretto interessato non è probabilmente così lontana dalla realtà: Sun ha infatti detto di aver sempre assunto il farmaco e di non sapere del suo ingresso tra le sostanze vietate. Questo significa che il cinese lo ha sempre preso senza sentirsi dare del “dopato” da nessuno, semplicemente perché la WADA non aveva ritenuto che si trattasse di una molecola capace di migliorare le prestazioni degli atleti. Ma, soprattutto, significa che una miriade di nuotatori ed atleti di qualsiasi nazionalità e disciplina potrebbero aver assunto trimetazidina a nostra insaputa, magari ottenendo un miglioramento delle proprie performance a discapito di coloro che non la assumevano.

Questo non lo sapremo mai con certezza, ma il caso mette in risalto come sia facile sparare a zero su chi ha commesso un errore veniale per condannarlo come chi ha commesso un peccato capitale. Qui non stiamo parlando di una positività all’EPO, ed il fatto che Sun sia cinese non è di certo un motivo valido per radiarlo dalle competizioni. La WADA studierà l’accaduto e, se necessario, prolungherà la squalifica dell’atleta, che forse dobbiamo ringraziare per aver commesso un piccolo errore che può far riflettere in tanti: la trimetazidina era legale fino al 2013, ma quante sostanze che possono migliorare le prestazioni sportive sono tutt’ora legali a nostra insaputa? Può un semplice tratto di penna da parte della WADA determinare cosa è doping, trasformando un campione in imbroglione?

Per concludere, rispondiamo anticipatamente a coloro che potrebbero aver frainteso il senso dell’articolo: ribadiamo che la lotta al doping va condotta in modo aspro nei confronti degli sportivi di tutti i Paesi e di tutte le discipline, ma allo stesso tempo vogliamo invitare tutti ad un’analisi approfondita di ogni caso prima di emettere sentenze non fondate, e soprattutto a riflettere sulle debolezze del sistema antidoping vigente, che se a volte lascia colpevolmente liberi i dopati, altre volte condanna i ladruncoli di quartiere come i serial killer.

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giulio.chinappi@olimpiazzurra.com

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