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Rugby, Italia: quando non si può vivere di sola ignoranza

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Il leit-motiv è lo stesso da anni. “La mischia è il punto di forza”, “gli avanti sono la chiave del gioco dell’Italia”, a cui si accompagna inevitabilmente un’altra riflessione. “I trequarti sono il nostro problema da sempre”. L’Italrugby, nel recente passato, è sempre stata contraddistinta da una evidente linea di demarcazione tra il pacchetto di mischia e la linea veloce, con quest’ultima mai davvero all’altezza di sfruttare la superiorità che spesso veniva creati dai giganti del reparto avanzato. Ad oggi, però, nulla sempre essere cambiato. Le individualità, come in precedenza, sarebbero anche interessanti e di qualità, ma i problemi di fatto restano. E con delle difese sempre più chiuse ed organizzate, con una Nazionale diventata ormai ampiamente prevedibile nella sua struttura e nel gameplan, di sola ignoranza è pressoché impossibile vivere.

Non a caso, Jacques Brunel sembrava aver trovato la giusta quadratura del cerchio quando cominciò ad ottenere risposte significative da tutta la squadra, nel famoso periodo tra i test match 2012 e il Sei Nazioni 2013. L’equilibrio raggiunto in quelle partite fece compiere un notevole salto di qualità alla Nazionale, nella testa ma soprattutto nel gioco, tanto da togliersi grandi soddisfazioni quali le vittorie su Francia e Irlanda. Una squadra capace di impostare il proprio gameplan non solo sulla mischia, non solo sull’aggressività degli avanti e la prepotenza della prima linea. Certo, il pack restava anche in quel frangente il perno fondamentale, ma c’era una nuova ed evidente armonia che coinvolgeva anche la linea arretrata. Nel momento in cui si è spenta la luce, però, ogni certezza è crollata inesorabilmente. Gli azzurri sono tornati a manifestare i consueti problemi di gestione in fase offensiva, i trequarti sono tornati ad essere collettivamente anonimi e la mischia, seppur in grande difficoltà, ha dovuto mantenere in piedi la baracca a fatica. Con i risultati che ne sono conseguiti.

E se il mese di novembre ci ha restituito un reparto avanzato ‘ignorante’ al punto giusto, guidato dalla grinta e dall’esplosività di uomini come Favaro e Zanni, la linea veloce è rimasta la solita. Sconclusionata, incapace di imbastire un’azione corale degna di una squadra del Sei Nazioni e in grado di commettere valanghe di errori. I gioielli in vetrina sono pregiati, certo. Morisi, Campagnaro e Sarto (mettiamoci anche Venditti) sono i prospetti più brillanti nel panorama nazionale da diversi anni a questa parte, ma una buona velocità d’esecuzione e delle pregevoli doti fisiche e atletiche non sono accompagnate da quel know-how tecnico e tattico necessario per poter sfruttare al meglio il talento a disposizione. Non necessariamente per colpa loro. Le carenze prettamente riguardanti la tecnica non possono che essere imputate alla formazione giovanile, da sempre tallone d’Achille nel movimento italiano. Cambiare dalla base permetterebbe di limare quei dettagli necessari per affrontare squadre di livello mondiale con una sicurezza nuova, con mezzi tecnici finalmente adeguati. E di vincere partite come quellavdi venerdì a Genova.

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daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

Foto: FotosportIT/FIR

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