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Rugby, l’Italia alle porte dei test match: un mese per rialzarsi e tornare competitivi

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Crudi, freddi e spietati, ma terribilmente veritieri. E i numeri dell’Italrugby nell’ultimo anno e mezzo lasciano spazio a ben poche interpretazioni: quattordici partite, tredici sconfitte e una vittoria con pochi sorrisi, più di 30 punti di media subiti e il capitombolo contro il Giappone impensabile fino al marzo 2013, l’ultimo mese di gloria della gestione Brunel. Da quel momento, la Nazionale è entrata in un tunnel di cui, attualmente, appare difficile vedere la luce se non con una svolta decisa da parte di tutto l’ambiente. I test match di novembre non saranno forse l’ultima occasione per il ct francese, ma se la cosiddetta Banda Brunel dovesse continuare sulla falsariga dell’ultimo Sei Nazioni o – per scomodare la parentesi più negativa – del recente Tour nel Pacifico, tutto verrebbe rimesso in dubbio.

Gli alibi, oltretutto, sono pressoché esauriti. Se il Sudafrica è evidentemente fuori portata, contro Argentina e soprattutto Samoa gli azzurri saranno chiamati a riscattarsi di fronte al proprio pubblico e a cercare di spazzare via il grande scetticismo riguardo il presente e il futuro dell’Italia ovale. Non ci sarà il caldo e l’umidità del Pacifico, mentre ci saranno invece diverse pedine fondamentali nello scacchiere italico assenti per gran parte nell’ultimo anno, come Zanni, Favaro, Minto e Morisi. Quattro rientri di peso per caratura internazionale e qualità tecniche introvabili ora nel panorama nazionale. La riscossa, però, non potrà partire soltanto dai ‘volti nuovi’, ma anche da chi porta sul groppone responsabilità varie nei recenti tracolli in giro per l’Europa e per il mondo. Più che sul gameplan e sull’aspetto puramente tattico, infatti, Brunel dovrà focalizzarsi sul ripristinare quella mentalità che sembrava aver impiantato al gruppo tra il novembre 2012 e il Sei Nazioni, quando i suoi azzurri – nell’ordine – sfiorarono la vittoria contro l’Australia, sconfissero la Francia, ammutolirono Twickenham e batterono l’Irlanda. Quel gruppo, simile in tanti aspetti a quello attuale, sembrava aver raggiunto la piena consapevolezza delle proprie potenzialità, salvo perdere tutte le certezze acquisite in un amen e sprofondare psicologicamente e, di riflesso, anche qualitativamente. Appagamento generale? Forse. Quel che è certo è che qualunque tipo di progetto impostato da Brunel è naufragato per limiti non solo tecnici ma anche attitudinali da parte dell’intero gruppo, incapace di darsi nuovo slancio dopo quei momenti di gloria.

Dopo il giro nell’abisso, però, l’occasione per rimettersi in carreggiata non è delle più trascurabili, in parte dovuto anche al massiccio esodo del Benetton Treviso. D’altronde, non vi erano dubbi che sullo scarso rendimento della Nazionale (e quindi di gran parte della franchigia veneta) incidesse pesantemente anche la questione celtica e un futuro senza alcuna certezza, come confermato anche da qualche diretto interessato. Per molti, dunque, la soluzione più ‘semplice’ è stata accettare l’offerta della vita e trasferirsi in Inghilterra, terra in cui si respira rugby in maniera estremamente diversa rispetto all’Italia. Il bagaglio di esperienze che porteranno i vari De Marchi, Ghiraldini, Cittadini, Barbieri, McLean e Furno nel gruppo, infatti, non potrà che dare quel quid in più anche ai ‘celtici’ e ai neofiti della maglia azzurra da un punto di vista della mentalità (in Inghilterra l’asticella è posta decisamente più in alto…) e della tecnica. Da una parte, dunque, l’apporto degli stranieri (senza dimenticare naturalmente Parisse, Castro e, perché no, anche Allan); dall’altra, la voglia di rivalsa e di mettersi in mostra di ‘veterani’ e giovani trevigiani e i progressi compiuti dalla componente zebrata. Un mix potenzialmente interessante e probabilmente in grado di tirar fuori l’Italia dalle sabbie mobili, per riscaldare di passione un novembre che altrimenti diventerebbe più freddo di quanto si possa immaginare.

 

daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

Foto: Fir (Roberto Bregnani)

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