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Tennis, Coppa Davis 2014: la magia della bandiera a croce bianca

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Anche quest’edizione della Coppa Davis è giunta a termine. Il 2014 saluta la coppa argentata soddisfatto per lo spettacolo a cui ha assistito. A spuntarla questa volta erano state Francia e Svizzera, giustiziere rispettivamente di Repubblica Ceca e Italia in semifinale. Era stato un bel percorso, ora era solo necessario chiudere con un epilogo con i fiocchi. Si è volati a Lille, in casa francese, per decretare quale nazione si sarebbe aggiudicata il 103esimo titolo in Davis.

Alla vigilia, forse, non ci aspettavamo una finale così emozionante. Vuoi perchè Roger Federer era stato colpito dai soliti fastidi alla schiena che lo hanno tormentato a lungo durante la carriera, vuoi perchè Wawrinka poteva ancora essere sotto l’effetto della delusione del Masters, vuoi perchè si era parlato di dissidi interni al team svizzero dopo il Masters di Londra, insomma, credevamo che la Francia fosse leggermente favorita, forte anche di un gruppo molto più equilibrato e competitivo di quello elvetico. Arnaud Clement si era preso addirittura il lusso di lasciare a casa giocatori in forma come Gilles Simon (considerato l’epilogo finale, avrà fatto bene?), Luthi invece aveva puntato tutto sulle sue due punte, Federer e Wawrinka, una delle quali anche piuttosto ammaccata.

E, in effetti, la prima gornata ha rispettato questo pronostico: Wawrinka vince sì contro Tsonga, ma Federer perde in malo modo contro Monflis, nella sua peggior sconfitta in Davis. Nemmeno un set strappato al francese. Wawrinka è in forma, anche molto determinato e concentrato sul risultato finale, ma non può bastare. Senza Federer la Svizzera non potrebbe andare lontana. C’è il doppio da giocare e cosa potrebbero fare gli svizzeri orfani del Re contro una coppia si specialisti francesi? La Francia potrebbe accoppiare in qualsiasi modo i suoi quattro giocatori e farebbe comunque male. Sarebbe stato prudente lasciare Roger a riposo, per un eventuale match nella terza giornata. Così i francesi forse avevano inziato a sorridere. Nonostante i primi segni di insofferenza nel team transalpino inizino già a rendersi evidenti: Tsonga in serata, infatti, si lamenta per l’atteggiamento poco partecipe del pubblico di casa, che, a suo avviso, non lo avrebbe sostenuto abbastanza, mentre gli svizzeri erano di gran lunga più calorosi.

Ma Roger la vuole vincere a tutti i costi, questa Coppa Davis. Così, il secondo giorno, a sorpresa, ma neanche tanto, troviamo in campo la coppia Federer/Wawrinka. Dall’altra parte, Benneteau/Gasquet. Tsonga avrebbe dovuto giocare, ma i problemi al gomito lo hanno fermato. Quando i due svizzeri giocano bene, non c’è scampo per nessuno: i francesi sono quasi assenti dal campo, eccetto quei tratti in cui Benneteau sembra giocare un buon tennis, tentando di scuotere sia il pubblico sia il suo sconsolato compagno, che proprio non ce la fa a mandar dentro la palla. A vincere, anzi stravincere, è la coppia elvetica. Il punto del doppio, si sapeva, poteva essere decisivo, se anche l’ultima giornata si sarebbe conclusa in parità. Tutto si riapre.

Il Re è campione fino alla fine. Il giorno dopo, ieri, scende in campo. Da favorito. Dall’altra parte, infatti, non c’è Tsonga, che non riesce a riprendersi in tempo per il singolare. Al suo posto, un Gasquet stanco e sfiduciato, che nulla può contro la maestria di Federer, che ad ogni colpo sembra voler ricordare a tutti che di Re ce n’è uno solo. Ed è un Re che ha fame, fame di quel titolo che ancora manca nel suo palmares. La partita giocata da Roger è pura magia, come lo sono le urla dei tifosi svizzeri e le bandiere a croce bianca che sventolano più di quelle francesi, stanche, forse, fin dal primo giorno. La vittoria arriva velocemente, dopo appena tre set: Federer è in lacrime, si getta per terra e la Svizzera è in festa. Era da sempre che aspettava questa coppa, che non era mai arrivata prima. E’ il caso di dirlo: ci voleva proprio Roger Federer per averla.

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stefania.gemma@olimpiazzurra.com

Foto: Federtennis/Tonelli

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