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Tennis: il 2014 di Gianluigi Quinzi, tra sconfitte e infortuni

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Poco più di un anno fa, l’Italia era quasi convinta di aver trovato un campione. A Wimbledon 2013, categoria juniores, l’erba verde di Sua Maestà si tinge di azzurro: a compiere questa sorta di magia è Gianluigi Quinzi, un giovanissimo classe 1996, dalle buone doti tecniche. Il 2014 doveva essere l’anno della definitiva consacrazione anche nel mondo dei grandi, della scalata in classifica e delle prime vittorie prestigiose. Ma, mentre i suoi coetanei hanno compiuto questo distacco in maniera fiduciosa, il nostro Quinzi è rimasto ancora lì, aggrappato al circuito Futures, e niente di più. La stagione si è rivelata fallimentare e ha evidenziato come i giovani italiani non diano nessuna certezza per il futuro.

Gianluigi è il talento più puro che abbiamo in Italia fra i giovanissimi, ma, al contempo, quello più fragile e meno tutelato. La stagione è stata sicuramente compromessa da una serie di infortuni che non hanno permesso all’azzurro di giocare costantemente nè di allenarsi al meglio: il culmine è stato toccato in estate con il brutto infortunio al polso sinistro. All’inizio si era parlato di quattro mesi di stop e, di conseguenza, di stagione finita, poi si è riusciti a salvare il salvabile facendo rientrare il tennista nostrano dopo uno stop non così prolungato. Quinzi aveva espresso tutta la sua gioia a tal proposito, emozionato nel riuscire a stringere nuovamente la racchetta senza problemi. Al rientro vero e proprio, però, i problemi si sono ripresentati e i ritiri hanno ricominciato a susseguirsi. Le condizioni attuali del tennista di Cittadella non sono del tutto note, nonostante il polso, a quanto sembra, non dovrebbe costituire più un porblema rilevante. Il problema serio, che perdura tutt’ora e che tale è stato per tutto l’anno, è l’atteggiamento mostrato in campo: un “baby Fognini” verrebbe quasi da dire. Svogliatezza e maleducazione sono all’ordine del giorno, così come le lamentele continue e l’incapacità di perdere. Lo spirito di sacrificio e l’accettazione in campo sono del tutto assenti. Come può una mentalità così viziata fare il salto di qualità?

Un campanello d’allarme, in tal senso, è anche il cambio continuo di allenatore durante l’anno: anche i più esperti si rendono conto di quanto sia difficile star dietro ad un giocatore così “complicato”. Ai problemi caratteriali inerenti all’atteggiamento, che sono forse quelli maggiori, si accompagnano le questioni relative al piano tecnico-tattico, dal momento che il talento espresso da Quinzi è ancora acerbo. La palla non viaggia a velocità elevate, il servizio va migliorato e molti colpi non rientrano appieno nel suo bagaglio tecnico e, perciò, non sono ancora utilizzati con maestria. E così, a fine marzo, arriva la notizia che tutti in parte aspettavano e temevano, la rottura con Eduardo Mendica, l’allenatore in grado di portarlo alla vittoria di Wimbledon e alla soglia della top300. C’è chi ha ritenuto che una svolta fosse necessaria perchè i miglioramenti non arrivavano e chi ancora si domanda “Ma è stato il momento giusto?”. Nei tornei seguenti è stato il tecnico federale Tomas Tenconi a seguirlo, in seguito è arrivato un tentativo di collaborazione con Javier Piles, ex coach di David Ferrer, non andato tuttavia a buon fine. A prendere in mano il giovane è stato poi Marc Aurelio Gorriz, tecnico spagnolo allenatore in passato di giocatori del calibro di Haase. Anche la breve storia con Gorriz, pero, neanche a dirlo, finisce male: il giocatore inizia ad allenarsi presso il Tennis Training di Villa Candida (Foligno), con Federico Torresi, che diventa ufficialmente il suo nuovo coach, capace di fargli vincere tre futures consecutivi nel mese di maggio. Ma, poche settimane fa, l’equilibrio si frantuma ancora una volta: via Torresi. Ad allenare Quinzi sarà l’argentino Mariano Monachesi, ex allenatore di Robredo. Che sia la volta buona? Intanto Quinzi si assesta in 428esima posizione, decisamente sotto le aspettative.

Che la pressione mediatica abbia giocato un ruolo fondamentale in tutto ciò è chiaro, ma Quinzi va aiutato. Supportato ed accompagnato. Questo non può che dipendere dalla famiglia, dal nuovo allenatore (si spera quello definitivo) e da lui stesso. Un 18enne, che si trova a fronteggiare giocatori molto più esperti e grandi di lui, è normale che abbia un periodo più o meno prolungato di scoraggiamento, e puntare il dito contro, in questi casi, serve a poco. Ma il passaggio va compiuto, come un rito di iniziazione, che può essere sì doloroso e faticoso all’inizio, ma che alla lunga dà i suoi frutti. E se si continua a bruciare in questo modo una delle poche carte valide che l’Italia potrebbe estrarre dal mazzo in futuro, il treno potrebbe passare e allora sì che potrebbe essere troppo tardi.

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stefania.gemma@olimpiazzurra.com

Foto: Federtennis/Costantini

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