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Tennis: il tempo passa, gli acciacchi pure. Flavia Pennetta resta

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Dopo cinque anni, Flavia Pennetta chiude nuovamente l’anno come numero uno italiana. Era già accaduto nel 2009, in quella che fu l’annata della consacrazione definitiva della brindisina, che raggiunse per la prima volta in carriera (e prima italiana a riuscirci) la top 10 mondiale. Ora, come un ciclo che si chiude, la storia si ripete e Flavia termina il suo percorso annuale mettendo il naso davanti alla sua connazionale Sara Errani. Sono molti gli aspetti che accomunano quel 2009 a questo 2014: la sensazione di poter battere chiunque, una forza psicologica determinante, momenti di cedimento sempre presenti nella sua vita, risultati importanti. Nei cinque anni che ci sono in mezzo, e soprattutto in quel fatidico 2012, frustrazione, affaticamento, scoraggiamento: il fisico inizia a non resisterle più e il polso, che sempre le ha dato fastidio, si rompe, ironia della sorte, proprio in Italia, al foro italico di Roma. Dopo quell’infortunio e i problemi che ne sono seguiti, Pennetta sembrava ormai destinata al ritiro, considerando quanto ottenuto in passato le ultime gioie di una carriera sfortunata. Poi, però, agli US Open 2013, accade l’inaspettato: Flavia raggiunge le semifinali. Tutta Italia in delirio per lei. Ci si chiedeva se quello fosse solo un fuoco di paglia o se davvero la fenice era risorta dalle ceneri. Le risposte non si sono fatte attendere. In questo strano, ma intrigante, 2014.

Sono ancora una volta gli Slam a dare le maggiori soddisfazioni a Flavia: la sua scalata inizia dall’Australia. Agli Australian Open, memore di quanto successo mesi prima a Flushing Meadows, vuole ripetersi e lo fa disputando un ottimo torneo. I quarti son suoi, dopo una bella battaglia contro Angelique Kerber, e a fermarla è solo la futura vincitrice del torneo, Li Na. Pare proprio, quindi, che la Pennetta sia tornata per davvero. Non ancora del tutto soddisfatta, la brindisina intraprende la stagione americana con l’acquolina in bocca e il fuoco nello stomaco. Destinazione Indian Wells. Quale posto migliore per entrare negli annali del tennis italiano, se non quello dove, un anno prima, per la prima volta aveva meditato di ritirarsi? E così sia. Fin dai primi scambi nel codiddetto “quinto Slam” si capisce che c’è qualcosa di diverso in lei, arde una luce speciale nei suoi occhi. Rovescio dopo rovescio, incontro dopo incontro, avversaria dopo avversaria, Flavia scaccia i fantasmi del passato e si prende il lusso di arrivare in finale, mietendo vittime illustri quali Sam Stosur, Camila Giorgi, Sloane Stephens e addirittura Li Na. Tra l’italiana e il primo WTA Mandatory (i quattro tornei immediatamente successivi agli Slam, per prestigio) della carriera c’è solo Aga Radwanska. Ma “Today was my day” dirà Flavia a fine match e il sogno diventa realtà: vittoria. La vittoria più importante per il tennis italiano, dopo il Roland Garros di Francesca Schiavone.

La stagione centrale si rivela una delusione, Flavia fatica a trovare il ritmo giusto, spesso viene eliminata all’esordio e perde al secondo turno sia al Roland Garros che a Wimbledon. Ma con la stagione americana ritornano le vittorie: senza neanche accorgersene, è già passato un anno e sono di nuovo US Open. Ci sono le semifinali da difendere, ma la nostra non delude. Contro ogni previsione raggiunge i quarti, dove tiene testa anche a Serena Williams, che la sconfigge e andrà, poi, a prendersi il titolo. Nel frattempo, però, è iniziato un’altro bel capitolo, quello di doppio. Sotto lo stupore di tutti, Flavia unisce le sue forze a quelle di Martina Hingis, leggenda del tennis mondiale, e le due insieme fanno faville, arrivando in finale nello Slam newyorkese, dove a vincere sono Makarova/Vesnina. L’ultima parte della stagione è perciò dedicata al doppio, nel tentativo disperato di qualificarsi per il Masters di fine anno, nonostante i pochissimi tornei disputati assieme. Per poco le due non ci riescono, vincendo a Wuhan e a Mosca, ma, alla fine, son costrette per pochi punti a rimandare l’appuntamento all’anno prossimo. Un ritorno al passato anche in quest’ambito: Flavia era stata dominatrice con Gisela Dulko, aveva vinto gli Australian Open 2011 e anche le WTA Finals. La stagione si chiude nel migliore dei modi. Arriva una wild card per il WTA Tournament of Champions, il Masters B di Sofia, dove la Pennetta esprime un tennis perfetto che la porta in finale, persa contro Andrea Petkovic, al termine però di una lotta durissima e estremamente combattuta.

Soprattutto, questa finale accompagna Flavia al numero 13 del ranking. A ridosso della top ten, ancora una volta. Quella tanto amata e ambita top ten che è già stata sua. E, chissà, magari la storia si ripeterà…
Basta non pensarci. Sospiro di sollievo; adesso se mi chiedono: “Ma quando..?” posso dire: “Adesso!”. E’ il 14 agosto 2009 e io sono la prima italiana nella top ten della classifica WTA. Il peso delle aspettative, l’ansia dei numeri, il pensiero fisso, la pressione mediatica: tutto scompare. Mi sento nuda e mi riapproprio di Flavia, quella che giocava a tennis da bambina contro il muro di casa, che faceva i dispetti a suo padre non prendendo le palle facili nei tornei Under 12, che a quindici anni viveva fuori di casa e non lo diceva ma le mancava la mamma. Forse dovrei saltare dalla gioia, esaltarmi e pensare che sono una specie di leggenda vivente del tennis italiano. Ma noi Pennetta, si sa, siamo gente semplice” (Flavia Pennetta – Dritto al cuore).

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stefania.gemma@olimpiazzurra.com

Foto: Federtennis/Tonelli

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