Rugby

Il rugby italiano e un 2014 da dimenticare (o quasi): l’annus horribilis della Banda Brunel

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Difficilmente la palla ovale italiana riesce a muovere la folla in maniera così compatta, ma non questa volta. Perché tifosi, appassionati e addetti ai lavori non sono mai stati così concordi nell’affermare che il 2014 è stata una delle annate peggiori nella storia recente dell’Italrugby e del movimento nostrano in generale. Una caduta libera frenata in parte con i test match di novembre, dove la Nazionale di Jacques Brunel è rinsavita anche in maniera piuttosto soddisfacente, ma i lividi delle batoste precedenti sono ancora ben visibili. E non saranno un paio di ottime prestazioni a cancellare i segni di una crisi profonda.

La Grande Depressione azzurra ha affondato le proprie radici in diversi problemi, dentro e fuori dal campo. Adattamento delle nuove leve alla realtà internazionale, infortuni vari ed eventuali a pedine fondamentali, mancata continuità dopo il boom del Sei Nazioni 2013 e (ci sentiamo di dire) soprattutto la questione celtica, che ha trascinato in un tunnel apparentemente senza uscita club e giocatori. Fino a marzo (!), di fatto, Benetton Treviso e Zebre non conoscevano il proprio futuro e in quale campionato avrebbero militato, a causa della mancanza di un accordo tra FIR e board del Pro12 per il rinnovo della partecipazione italiana alla lega. Un ritardo inammissibile e controproducente, capace di influire pesantemente sulle prestazioni dei giocatori, in particolar modo quelli del club veneto, che di fronte all’incertezza hanno preferito ripararsi dal ‘pericolo’ Eccellenza emigrando in massa in Inghilterra. Nel mezzo, intanto, c’era un Sei Nazioni da giocare e con metà rosa impegnata (legittimamente o meno, ma lo era) innanzitutto a cercare una soluzione per la stagione seguente, i risultati non potevano che essere estremamente negativi (per usare un eufemismo).

SEI NAZIONI – Eppure, la Banda Brunel aveva cominciato con il piglio giusto. Alla prima, uno straordinario Michele Campagnaro aveva ammutolito il Millennium Stadium con due mete da fuoriclasse, spaventando un Galles bravo a sfruttare alcuni errori degli azzurri, sconfitti ma quantomai felici, visti anche gli scarni risultati di un opaco novembre 2013. L’Italia sembrava guarita e, con qualche piccolo aggiustamento, si sarebbero potuti avvicinare nuovamente i livelli dell’anno precedente. Speranze vane, perché la convincente Nazionale ammirata a Cardiff dura soltanto altri 40′, ovvero il primo tempo di Parigi contro la Francia. Poi la luce si spegne, inesorabilmente, nella sfida dell’Olimpico contro la Scozia. Dopo un primo tempo rivedibile, ma chiuso comunque in vantaggio 13-3, gli azzurri si eclissano e crollano in maniera verticale. Gli scozzesi ribaltano in un amen l’incontro, i padroni di casa sono svagati e distratti ed il lampo di Furno non può bastare. La beffa del drop vincente di Weir al 79′ è oltremodo meritata. La sconfitta per mano degli Highlanders, di fatto, rappresenta il canto del cigno, perché le due sfide seguenti con Irlanda ed Inghilterra si trasformano in un no-contest. 98 punti subiti, 18 fatti e una sensazione dilagante di impotenza a cui nessuno può opporre resistenza. Ma l’abisso vero e proprio dovrà ancora essere esplorato.

TEST MATCH GIUGNO – Non basterà l’annuncio del rinnovo della partecipazione italiana al Pro12, né le varie sistemazioni trovate dai tanti desaparecidos azzurri. A giugno, l’Italia di Jacques Brunel riscrive nuove pagine di storia, tutte in negativo, mettendo a repentaglio anche la panchina del baffuto ct transalpino. Le assenze di Favaro, Minto, Zanni (infortunati), Parisse e Castrogiovanni (tenuti a riposo) privano l’Italrugby di leadership e talento, il gruppo non riesce a trovare una propria identità e, con le vacanze alle porte, il Tour nel Pacifico si trasforma in una debacle collettiva. Con Fiji e Samoa la squadra gioca senza mordente e senza reali motivazioni, cedendo anche nel confronto in mischia, una sorta di umiliazione per la tradizione italiana. Ci sarebbe il Giappone all’ultima curva, per ritornare a vincere e per regalarsi un sorriso dopo una stagione da tregenda. I nipponici, tuttavia, non sono dello stesso avviso e confermano di essere una Nazionale in forte crescita: gli azzurri giocano l’ennesima partita con il freno a mano tirato, senza la caratteristica grinta che da sempre li accomuna. Gli uomini del Sol Levante colgono la palla al balzo e costringono i nostri ad un’altra sconfitta, la più pesante dal punto di vista morale e della classifica. E il 14° posto nel ranking mondiale spiega meglio di qualunque altra cosa lo stato di salute del movimento.

TEST MATCH NOVEMBRE – Alla vigilia del trittico di test autunnali, nonostante quanto accaduto a giugno e le convocazioni di Brunel lascino alcune perplessità, si respira un cauto e flebile ottimismo. Gli italiani d’Inghilterra (Ghiraldini, McLean, Barbieri, Cittadini, De Marchi, Furno, Rizzo) rispondono bene agli stimoli non indifferenti di un campionato durissimo come la Premiership, ritagliandosi spesso e volentieri ruoli da protagonisti ed esportando, quindi, una mentalità nuova e soprattutto vincente. Nel contempo, un Benetton Treviso totalmente rivoluzionato ritrova la Triade: Favaro, Zanni e Minto, pronti per ritornare anche in Nazionale. E questi due fattori, insieme al blocco delle Zebre, fanno da traino all’Italrugby di novembre. La Banda Brunel risorge. Contro Samoa arriva la prima vittoria a distanza di un anno, ma i veri progressi si notano con Argentina e Sudafrica. La mischia, dopo il flop delle finestre internazionali precedenti, ritorna ad essere un punto di forza; il gruppo ritrova compattezza e coesione, oltre alla voglia di lottare per portare a casa un risultato di prestigio. Brunel vince la scommessa Haimona all’apertura, perde con Pumas e Springboks ma può sorridere per le eccellenti prestazioni: la sua Banda è tornata a far sentire la propria voce. Il prossimo passo? Scrollarsi di dosso le paure e i dubbi dell’annus horribilis, il cui spettro continua comunque ad aleggiare. Scacciare via il ‘mostro’ per ripartire si può.

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daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

Foto: FotosportIT/FIR

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