Editoriali
‘Italia, come stai?’: ripresa troppo lenta dopo Sochi 2014. Non ci siamo ancora
A dispetto dei soliti commenti trionfalistici di pragmatica da parte delle istituzioni (“Abbiamo migliorato Vancouver, il movimento è in crescita, etc.“), a nostro parere l’Italia ha toccato il punto più basso della sua storia alle Olimpiadi Invernali a Sochi 2014, come dimostra il ventiduesimo posto finale nel medagliere con zero ori, alle spalle di nazioni come Slovacchia, Ucraina, Slovenia e Gran Bretagna.
Rispetto ad allora, purtroppo, non è cambiato molto. Certo, impossibile fare miracoli in meno di un anno, tuttavia in molti casi non si intravedono nemmeno dei deboli sentori di un rinnovamento che possa portare dei riscontri a medio-lungo termine.
Al momento le uniche note davvero liete sono rappresentate dal biathlon femminile e dallo slittino. Nel primo caso Karin Oberhofer e Dorothea Wierer hanno compiuto il definitivo salto di qualità, in attesa dell’esplosione di Lisa Vittozzi che ha subito impressionato al debutto in Coppa del Mondo. Tra i budelli ghiacciati, invece, Dominik Fischnaller non fa rimpiangere Armin Zoggeler, mentre in doppio Florian Gruber e Simon Kainzwaldner hanno lasciato intravedere le qualità giuste per raggiungere il vertice nei prossimi anni; non male nemmeno l’avvio di Sandra Robatscher ed Andrea Voetter, utili al momento soprattutto in chiave team-event.
Tra gli sport in ascesa citiamo anche il curling, con la storica quarta posizione agguantata agli Europei dalla compagine di Amos Mosaner e Joel Retornaz, qualificatasi per i Mondiali.
Nello speed skating migliora progressivamente Andrea Giovannini, ormai stabilmente tra i migliori 15 al mondo nei 5000 metri e tra i big della mass start. Ma in questo caso, come vedremo a breve, si tratta di una sola individualità che spicca in un contesto di squadra ombroso.
Prendiamo ad esempio lo sci alpino. In questo momento il Bel Paese può contare su soli due atleti capaci di andare costantemente a podio nelle rispettive specialità: Dominik Paris (discesa e superG) e Federica Brignone (gigante). Qualcosa di buono, in maniera più sporadica, potrà arrivare anche dai vari Innerhofer, Fill, Heel, Nadia Fanchini e Daniela Merighetti. Eppure esistono troppi problemi irrisolti da anni. Non si intravedono alternative credibili tra i giovani in campo maschile, sia nella velocità (dove Mattia Casse e Siegmar Klotz continuano a navigare nelle retrovie), sia in gigante (dove gli infortuni di Alex Zingerle e Luca De Aliprandini hanno influito pesantemente), sia soprattutto in slalom (il fatto che il migliore sia ancora il quasi 37enne Patrick Thaler e che si attenda con ansia il ritorno del 32enne Manfred Moelgg, dice tutto). Situazione non molto migliore tra le donne, dove all’orizzonte non si avvistano nomi nuovi nella velocità (fondamentale ritrovare una Sofia Goggia competitiva), in gigante le promettenti Marta Bassino e Karoline Pichler scontano un calendario assurdo (con sole sette gare in programma, troppo poche per poter prendere confidenza in tempi brevi con il circuito maggiore) ed in slalom i tecnici devono fare i conti con un vuoto agghiacciante, colmato solo dalle buone prestazioni delle veterane Chiara Costazza e Manuela Moelgg. Senza ricambi, lo sport sparisce. Guai dunque ad adagiarsi sui risultati di Paris e Brignone. Il futuro sembra lontano, ma occorre lavorare con lungimiranza per evitare il materializzarsi di un presente fosco.
Un discorso pressoché identico vale anche per lo short track, forse in maniera anche più accentuata. Al termine delle Olimpiadi Arianna Fontana aveva manifestato l’intenzione di ritirarsi. Se lo avesse fatto, il livello della selezione tricolore sarebbe stato quello ‘ammirato’ in Coppa del Mondo a Shanghai, ovvero distante galassie dal resto del pianeta. Per fortuna la fuoriclasse valtellinese ci ha ripensato e gareggerà fino a Pyeongchang 2018. All’appuntamento coreano mancano tre anni, non tantissimi, ma neppure pochi per costruire un domani senza Arianna Fontana. In caso contrario, in questo sport l’Italia sarà destinata a vivere di ricordi.
Che dire poi di alcune discipline addirittura in netto regresso rispetto a Sochi 2014? Le prime due tappe di Coppa del Mondo di combinata nordica ci hanno consegnato il fantasma della squadra azzurra che 2-3 stagioni fa sembrava in grado di aprire un ciclo. Le difficoltà dal trampolino grande, ormai latenti, non possono più rappresentare un alibi. Nello sci di fondo, poi, non basta l’unica novità rappresentata da Francesco De Fabiani. Federico Pellegrino continua a mancare l’appuntamento con l’esplosione definitiva, ma in generale gli atleti competitivi per i grandi palcoscenici si contano davvero sulle dita di una mano, anche meno. Drammatica, poi, la realtà del fondo femminile: nelle gare di distanza le azzurre faticano addirittura ad entrare nelle prime quaranta posizioni. Ci si aspettava un’inversione di tendenza, ma in sostanza ci stiamo accorgendo che non c’è limite ad una caduta sempre più fragorosa.
Niente di nuovo poi dal freestyle, con lo skicross che continua a navigare ai margini ed il settore moguls addirittura eliminato dalla Federazione, con Deborah Scanzio, atleta da prime 10 posizioni al mondo, costretta a cambiare bandiera e gareggiare per la Svizzera.
Non sarà facile uscire da un momento globale davvero negativo per gli sport invernali italiani. In attesa dello snowboard e di qualche gradita novità nelle prossime settimane, al momento possiamo dire che l’onda negativa di Sochi 2014 è ben lungi dall’essersi arrestata.
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federico.militello@olimpiazzurra.com
Francesco Duca di Modena
20 Dicembre 2014 at 20:16
L’articolo non cita un tasto a mio avviso dolentissimo, che trascende l’ambito “post-Sochi”: il salto con gli sci femminile. A mio avviso l’Italia aveva tra le mani un gioiellino, plasmato con perizia e serietà nel giro di poco più di un lustro da Romed Moroder e Fabian Ebenhoch, che avevano messo insieme una nazionale abbastanza ampio (considerato che si partiva da zero) e con un livello medio di competitività buono con tendenza all’ottimo nelle persone di Insam, Demetz e Runggaldier. E dal 2006 circa quella squadra ha ottenuto ottimi risultati, con vari piazzamenti a podio in quelle che erano le principali manifestazioni internazionali allora esistenti, con pochissimi soldi e tanta passione… fino ad arrivare al meraviglioso argento mondiale della Runggaldier a Holmenkollen 2011 (e chi ama lo sci nordico saprà bene quanto fosse iniziato male quell’anno…). Ma nel 2011 cosa accade? Cambia la guida tecnica della nazionale. E oggi, con siffatta guida tecnica, a cercare di competere con le migliori è rimasta solo la Insam: la Runggaldier arranca perlopiù dal quindicesimo posto in giù… e la Demetz s’è ritirata sbattendo la porta e lanciando accuse gravissime, che la FISI non si è nemmeno premurata di smentire o confermare… come mai?
Gabriele Dente
16 Dicembre 2014 at 21:38
Quando parliamo di pochi soldi, finanziamenti scarsi, ecc., a mio modesto avviso dovremmo tener presente due fattori: innanzitutto il CONI, per ragioni politiche, foraggia federazioni che con lo sport non hanno assolutamente niente a che fare (vedi federcaccia, federpesca et similia, per non parlare delle federazioni degli sport motoristici).
In secondo luogo sarei sempre curioso di sapere di quanti soldi hanno beneficiato Slovacchia e Slovenia, tanto per restare alle nazioni citate nell’articolo che nel medagliere di Sochi ci hanno superato. Non credo proprio che nazioni con popolazioni così esigue abbiano goduto di chissà quali finanziamenti. Che dite?
Federico Militello
16 Dicembre 2014 at 23:07
Secondo me quello dei finanziamenti. Quest’anno sono addirittura aumentati per tutte le federazioni!
Qui per approfondire: http://www.olimpiazzurra.com/2014/10/coni-definiti-i-contributi-2015-alle-federazioni-piu-soldi-per-tutti-perde-solo-il-calcio/.
Basta alibi: i soldi ci sono, spendiamoli bene e non per scaldare la poltrona!
ale sandro
15 Dicembre 2014 at 18:55
Mi era sfuggita la notizia della Scanzio, che dire…complimenti a chi di dovere, non la posso certo biasimare , del resto va per la sua terra natia. Certe dirigenze federali non si smentiscono, ma avevo già intuito qualcosa sul sacrificare settori, solo speravo fossero voci, invece Roda in questo è stato ahimè coerente. Sarei curioso di vedere che utilizzo delle risorse si sta facendo con la nuova settorializzazione degli sport, che nemmeno mi dispiaceva inizialmente. A Sochi ,nonostante l’oro non ottenuto, avevo visto una prestazione di squadra complessiva per me migliore rispetto a Vancouver, con dei nomi nuovi che si erano messi in evidenza. In questa prima metà di stagione post olimpica il solo biathlon femminile in effetti ha confermato i suoi valori positivi con le eccezioni dello sci alpino già descritte da Federico, aspettando lo snowboard(sia alpino che cross), che inizierà da domani. Tenendo presente che da Dominik Fischnaller mi aspetto sempre il meglio (e già sta andando in quella direzione),e che con atleti come Giovannini (già buono) e De Fabiani un minimo di cautela e logica ci vuole, ho visto davvero poco poco altro che mi abbia fatto “sobbalzare”, mi preoccupa parecchio la combinata nordica che pure si era rivolta a tecnici validissimi come Bernardi se non mi sbaglio, proprio per la questione salto. Posso solo augurarmi che la tendenza generale cambi nella seconda parte di stagione,quando ci saranno gli appuntamenti più importanti coi vari campionati mondiali. In ogni caso troppo grande il ritardo dei più giovani col resto , ma questa è una tendenza che in questi anni è tipica anche degli sport estivi. Dalle macerie ci vorrà un sacco di tempo per rimettersi in carreggiata, a patto che si prenda la strada giusta da subito però.
Federico Militello
15 Dicembre 2014 at 21:26
Alessandro, Bernardi è l’allenatore della nazionale di salto maschile, non della combinata. Per il resto niente da dire: purtroppo, come dici tu, serviranno anni per cambiare le cose. Ma c’è la volontà di farlo?
ale sandro
15 Dicembre 2014 at 21:40
Ecco, chiedo venia 🙂
Ricordavo che l’avessero reclutato ma non ricordavo se per salto o combinata.
Per il resto, non so davvero cosa pensare, un aspetto positivo è che siamo a inizio quadriennio e magari alcuni progetti tipo Chenetti nel fondo si vedranno alla distanza (mi auguro..), però questa storia delle gobbe della Scanzio, anche se a molti dirà poco e nulla, per me è molto indicativa su come si voglia andare avanti anche sul resto.
ste86
16 Dicembre 2014 at 09:32
Però investire i (pochi) soldi che si hanno sulle discipline che possono dare delle soddisfazioni (anche a scapito di altre) non mi pare una cattiva idea. Il freestyle non ha tradizione in Italia, la domanda è: vale la pena pagare un intero staff e trasferte per una disciplina che al massimo (ce con la sola Scanzio) può regalare un piazzamanto da top10?
D’altronde la stessa Scanzio era passata a gareggiare per la nazionale italiana perchè Swiss Ski non aveva inserito le gobbe nel proprio progrmma olimpico.
ale sandro
16 Dicembre 2014 at 15:13
E’ vero ste hai ragione pure tu, ma il tuo ragionamento lo trovo corretto nell’immediato, e non a lungo termine come invece credo sia utile fare per l’Italia ora, se si vuole davvero ritornare a posizioni che competono. E sarei stato d’accordo se ci fosse stato già pronto un eventuale ricambio con una giovanissima in rampa di lancio già al suo livello. Poi certo , la coperta è corta. Ma siamo sicuri che quei soldi e risorse risparmiati per la Scanzio(con l’Italia sia da junior che da senior medagliata mondiale a prescindere dal disinteresse svizzero per le gobbe) , e che non andranno per dire alla Bertagna restando quindi all’interno dello stesso sport(altra specialità) e con un’altra atleta da prime 10, finiscano per aiutare per esempio la combinata nordica? Anche quest’ultima non ha avuto vera tradizione nel nostro paese eppure le potenzialità ci sono eccome, ma non si vedono grandi risultati. Che facciamo secondo il ragionamento di Roda,abituato agli staff del campione stile Tomba, e secondo il Coni, rinunciamo a interessarci anche ai combinatisti se a metà quadriennio non beccano i primi 10 in gara individuale neanche per sbaglio? Il rischio è questo e secondo me uno dei tanti motivi per cui l’Italia dello sport di questo nuovo secolo invernale ed estivo si trova così, è stato proprio il coprirsi col campione stentando nel creare una vera e propria squadra attorno a lui e un vero sistema per le generazioni successive ,e farsi una gran dormita da parte di dirigenti e accoliti. Poi per carità , le Fontana formato Vancouver e i Battisti-Sartori di Londra potranno sempre accadere, ma perchè sono loro ad essere così validi, e non deve necessariamente essere usato come alibi da chi invece deve adoperarsi affinchè una specialità o disciplina , si chiami gobbe o short track,non rischi di cadere totalmente nell’oblìo definitivo.
Ser Marek
15 Dicembre 2014 at 17:55
Finalmente un articolo sincero e obiettivo sulla situazione italiana nel panorama degli sport invernali. Sinceramente sono stato molto sorpreso dai commenti post-Sochi da parte delle istituzioni ma anche di alcuni importanti giornali sportivi che hanno definito quest’Olimpiade positiva. Invece, anche secondo me, l’Olimpiade di Sochi è stata una delle peggiori della storia italiana e purtoppo non ci sono segnali importanti di inversione di tendenza. Il bilancio degli ultimi anni è pietoso soprattutto se si confronta con la storia sportiva dell’Italia, che era una nazione di vertice anche negli sport invernali ed era una presenza fissa nella Top 10 del medagliere olimpico, ma mi sembra che in molti se lo siano scordato.
Federico Militello
15 Dicembre 2014 at 21:27
Bravo Marek, purtroppo in tanti dimenticano la storia ed il blasone dell’Italia. Dobbiamo tornare dove meritiamo.