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Olimpiadi 2022: i Giochi saranno ancora in Asia

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Per secoli gli europei hanno pensato, con non poca supponenza, di essere il centro del mondo, per via della loro dominazione sul resto del pianeta, spesso esportata con metodi altamente violenti. La testimonianza di ciò resta nella classica rappresentazione eurocentrica del planisfero. Anche quando il primato politico ed economico è passato agli Stati Uniti, gli europei occidentali hanno continuato a considerare il proprio ruolo centrale, almeno per gli stretti rapporti che li legano all’altra sponda dell’Atlantico. Oggi, però, il centro del mondo si è spostato più che mai lontano dall’Europa, visto che a rivaleggiare con gli statunitensi è soprattutto l’Asia, un continente emergente che sta raggiungendo sempre più primati in tutti i campi, compreso quello sportivo. E così accadrà che, dopo una serie di edizioni olimpiche caratterizzate dalla tanto sbandierata alternanza fra continenti, i Giochi si svolgeranno per ben tre volte consecutive in quello che è il cerchio giallo della bandiera disegnata da Pierre de Coubertin.

Come noto, le Olimpiadi invernali del 2018 sono state assegnate alla città sudcoreana di Pyeongchang, mentre i Giochi del 2020 si terranno a Tokyo, capitale del Giappone, che tornerà ad ospitare la rassegna dopo l’edizione del 1964. Mercoledì 7 gennaio scade invece il termine per presentare le candidature in vista delle Olimpiadi invernali del 2022, ma all’assegnazione, prevista per il 31 luglio 2015 a Kuala Lumpur (Malaysia), ci sarà molta meno suspense rispetto ad altre volte. Le città che si sono proposte sono infatti solamente due, entrambe asiatiche: la capitale cinese, Pechino, che ha già organizzato la competiizone nel 2008, e l’ex capitale kazaka, Almaty, la quale invece è stata sede dei Giochi Asiatici invernali nel 2011.

Di fronte alla crisi economica, ai problemi politici ed alla volontà popolare di non utilizzare soldi pubblici per le grandi rassegne sportive, infatti, l’Europa è stata costretta ad alzare bandiera bianca. I cittadini hanno costretto al ritiro la città polacca di Cracovia e la capitale svedese, Stoccolma, mentre la candidatura dell’Ucraina con L’viv (o Leopoli) è stata naturalmente ritirata dopo i gravi avvenimenti che hanno visto coinvolto il Paese. L’ultima ad arrendersi è stata Oslo, capitale della massima potenza degli sport invernali, la Norvegia, che non ha incassato il supporto né dei cittadini né del mondo politico.

In una congiuntura politico-economica così negativa, il continente che ha visto la nascita del movimento olimpico ha respinto i Giochi con veemenza. I decision maker hanno voluto cavalcare l’onda del “no” agli sprechi di danaro pubblico, qualche volta anche a ragione, ma troppo spesso rasentando il populismo e dimenticando i risvolti positivi che storicamente hanno avuto le Olimpiadi nei Paesi che le hanno organizzate. Il risultato di tutto ciò è che, di fronte al dissenso da parte delle candidature europee, gli unici Paesi a potersi proporre per i Giochi saranno quelli nei quali l’opinione pubblica svolge ancora un ruolo molto marginale. E probabilmente saranno quegli stessi oppositori che si lamenteranno quando la rassegna verrà consegnata nelle mani di un Paese dove “non si rispettano i diritti umani”.

Per la cronaca, la corsa al 2022 vede Pechino partire con un netto vantaggio su Almaty. L’esperienza del 2008 giocherà sicuramente un ruolo fondamentale, e le prime valutazioni da parte del CIO hanno messo in evidenza l’ottimo livello della candidatura cinese, poco dispendiosa e capace di mettere in risalto lo sviluppo sostenibile, mentre per quella kazaka sono emerse non poche problematiche, legate soprattutto alla scarsa tradizione nell’organizzazione di grandi eventi sportivi, ma anche alle condizioni meteo ed alla sicurezza. In caso di vittoria, Pechino diventerebbe la prima città ad ospitare sia le Olimpiadi estive che quelle invernali, oltretutto a distanza di soli quattordici anni, con le prove indoor che si svolgerebbero nelle stesse venues del 2008, mentre quelle all’aperto sarebbero organizzate presso la stazione sciistica di Zhangjiakou, che dovrebbe essere collegata alla capitale da 200 km di linea ferroviaria ad alta velocità.

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giulio.chinappi@olimpiazzurra.com

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