Sci Alpino

Sci alpino: lo spettacolo della Lauberhorn

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Il duello si rinnova ogni anno e spacca in due i cuori di tifosi, atleti, giornalisti e addetti ai lavori: meglio la Lauberhorn o la Streif? Meglio Wengen o Kitzbühel?

Mai come in questo caso, la risposta è soggettiva. Tuttavia, pur subendo lo straordinario mito della pista austriaca, chi scrive si schiera senza indugio dalla parte della Lauberhorn; certo, si dice che vincere Kitz, per un discesista, valga più che aggiudicarsi un titolo mondiale. Ma la libera di Wengen ha un qualcosa di mistico, sia per lo scenario naturale nel quale s’incunea, sia per il coefficiente di difficoltà che mette a durissima prova la mente e i quadricipiti anche dei campioni più affermati.

4400 metri di gara, in assoluto la più lunga: 1028 metri di dislivello, lo sguardo vigile dell’Eiger e della Jungfrau che, immutati nei secoli, proteggono gli atleti. In partenza, un paio di rapide curve fanno presto prendere velocità, per ammortizzare al meglio il Russisprung, salto impegnativo e lungo, e sfidare la gravità nel Traversenschuss, che per certi versi ricorda l’Hausbergkante di Kitz. Poco dopo, ecco il salto dell‘Hundschopf: si vola tra le rocce, tra i flash dei fotografi, nel passaggio forse più celebre dell’intero circo bianco.

Quindi la Minschkante, dove la velocità schizza rapidamente, il Canadian Corner e poi la complicatissima Kernen-S, dove scegliere il tempo di curva è quantomai fondamentale: si entra in un altro passaggio leggendario, quel Wasserstation Tunnel che, per un attimo, fa passare i discesisti sotto l’ardita cremagliera che s’arrampica in paese, unico modo per raggiungere Wengen. Inizia poi una parte di curvoni in serie da affrontare in velocità, dove tuttavia non mancano ampi settori di scorrevolezza, come quell’Hanneggschuss dove Johan Clarey fece segnare, due anni fa, i 161.9 km/h, record per lo sci alpino. Il Silberhornsprung regala un ulteriore scorcio panoramico su un’altra celebre vetta dell’Oberland bernese, quindi rapidamente ci si fionda sul traguardo con l’ultima Ziel-S.

Siamo nell’ordine dei 2’35” di discesa: fino a pochi anni fa, proprio la S conclusiva seguita da un saltino risultava ancora più impegnativa e meno “limata” di adesso, richiedendo un ultimissimo, formidabile sforzo agli atleti; d’altronde, non mancarono neppure gli incidenti molto gravi in quest’ultimo settore che portarono alle modifiche attualmente applicate. Ma eccoci proprio al traguardo, le mani sulle gambe, le grida del pubblico: la fatica è finita, adesso si può alzare lo sguardo e guardare il tabellone dei tempi. Sperando di vedere il numero “1” a fianco del proprio nome.

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foto: lauberhorn.ch

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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