Sci di fondo

Sci di fondo, la riscossa dell’Italia maschile

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Rialzarsi dopo aver toccato il punto più basso non è mai un’impresa scontata, eppure all’Italia dello sci di fondo maschile sta riuscendo anche piuttosto bene. Dopo la debacle di Sochi, d’altronde, continuare a scivolare verso l’abisso sarebbe stato quantomeno arduo, per le condizioni catastrofiche raggiunte con la peggior spedizione olimpica da Sarajevo 1984. In Russia la scossa c’è stata e l’ambiente ne ha risentito, finalmente in maniera positiva. Certo, la Nazionale non è ritornata ad essere improvvisamente una potenza mondiale, ma al giro di boa della stagione sono state poste le basi per tornare ad essere una delle grandi protagoniste del circuito.

Anche perché, differentemente da quanto si potrebbe pensare, non è stato un one man show. Federico Pellegrino ha evidentemente rubato la scena, con tre vittorie consecutive nelle sprint a tecnica libera che ne hanno segnato l’ingresso nella storia internazionale del fondo moderno e, cosa più importante, la leadership nella coppetta di specialità (clicca qui per approfondire), ma non è stato l’unico squillo di marca azzurra. Anzi. La prima vittoria del valdostano, in quel di Davos, ha ulteriormente galvanizzato una nazionale fin lì opaca, consentendo alle altre potenziali stelle di uscire dal guscio, eccezion fatta per Francesco De Fabiani. Lui, di fatto, aveva già dimostrato di essere il simbolo della rinascita dello sci di fondo italiano: combattivo e grintoso a Sochi, altrettanto in grado di mettere in mostra il proprio talento fin dalle prime scaramucce stagionali. In tecnica classica, la promessa classe 1993 è entrato stabilmente nei primi 15 al mondo e, salvo alcuni passaggi a vuoto, si è già fatto conoscere al grande pubblico. Ad Obertsdorf sarebbe arrivata anche la prima vittoria, ma soltanto il regolamento internazionale ha impedito a De Fabiani di festeggiare uno straordinario successo nell’inseguimento di 15km. Così come ha impedito a Dietmar Nöckler di concludere per la prima volta sul podio nella medesima gara, quando nella graduatoria dei migliori tempi di tappa le prime due posizioni erano state monopolizzate dai due azzurri.

Didi, dopo un 2013/2014 al di sotto delle attese anche a causa di qualche problema fisico di troppo, ha tratto giovamento dalla cura Chenetti, fattore fondamentale nella riscossa della squadra. Il brillante allenatore moenese è stato senz’altro il grande protagonista dietro le quinte, abile nel rimettere insieme i cocci dopo le ultime annate e ridare vigore ad atleti apparentemente smarriti. Uno su tutti, Roland Clara. L’altoatesino, sul dolceamaro Cermis, ha finalmente trovato quell’acuto inseguito per tutta una carriera costellata di piazzamenti e di gioie a metà, soprattutto sul monte trentino. Ma non questa volta. A 32 anni, Rollo ha rotto il tabù. E chissà che il successo non possa infondergli quella spinta in più per togliersi qualche altra soddisfazione, in una fase della carriera agonistica da sempre prediletta dai fondisti azzurri…

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daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

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