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Pallamano, Mondiali 2015: il Qatar multinazionale tra le polemiche. I giocatori: “Non siamo stati pagati!”

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Il concetto di squadra nazionale nasce, in tutti gli sport, per mettere a confronto i migliori giocatori di ogni Paese e scoprire quale tra queste compagini è la più forte, quella degna di ricevere il titolo di campione del mondo. Da sempre, ogni nazionale ha potuto disporre di alcuni elementi di origine straniera, oriundi, naturalizzati per matrimonio o per via delle origini di un nonno, ma questo senza intaccare quello che è il concetto base di squadra nazionale. Il Qatar, al contrario, sta sfidando totalmente questa concezione e la stessa etica sportiva, avendo raggiuno la finale dei Mondiali di pallamano maschile con una compagine in gran parte formata da giocatori che con il piccolo emirato non hanno nulla a che fare. I qatarini veri e propri, infatti, si possono contare sulle dita di una mano (Kamalaldin Mallash, Abdulla Al-Karbi, Hamad Madadi, Hadi Hamdoon ed Ameen Zakkar), mentre l’ossatura della squadra è in realtà composta da atleti nati in altri Paesi la cui tradizione nella pallamano può essere giudicata da buona ad ottima: Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Egitto, Tunisia, Francia, Spagna, Cuba, Iran e Siria. Un fatto che ha permesso al Qatar di diventare la prima squadra “extraeuropea” a raggiungere una finale mondiale, migliorando decisamente il sedicesimo posto che aveva come miglior risultato in una rassegna iridata.

Questa discutibile politica è resa possibile grazie al regolamento della International Handball Federation (IHF), che permette ad un giocatore di cambiare nazionalità sportiva se per tre anni consecutivi non porta la maglia della sua nazionale di origine. Ma non sarebbe possibile attirare così tanti elementi di qualità nella squadra guidata dallo spagnolo Valero Rivera senza un altro elemento fondamentale, i petrodollari di cui dispongono le autorità sportive del Qatar. Nonostante questo fatto più che palese, i giocatori naturalizzati qatarini continuano però ad affermare di non essere stati pagati per cambiare bandiera e, non senza una massiccia dose di ipocrisia, cantano a squarciagola l’inno nazionale di fronte al “proprio” pubblico.

Uno dei casi più eclatanti riguarda il francese Bertrand Roiné che, in caso di clamorosa vittoria qatarina nella finale di domenica, potrebbe diventare il primo giocatore a vincere due edizioni dei Mondiali con due nazionali diverse, dopo la vittoria del 2011 con i Bleus. Il trentatreenne ha deciso di cambiare maglia dopo la mancata convocazione per le Olimpiadi 2012, e reagisce stizzito alle polemiche: “È la mia vita. Ognuno deve occuparsi della propria. A cosa serve giudicare gli altri? Non siamo dei mercenari come dicono alcuni, siamo una vera squadra che gioca con il cuore. Non ho preso soldi per il cambio di nazionalità, vengo pagato solamente con delle indennità giornaliere quando sono con la nazionale“. Peccato che Roiné ed i suoi compagni si siano dimenticati di specificare che, come rivelato da L’Équipe, queste indennità ammontano a 100.000 dollari a giocatore per ogni partita vinta, con la possibilità di aggiungere 1,5 milioni di dollari a testa in caso di titolo mondiale.

Roiné ha spiegato anche come funzionano le selezioni del Qatar, diverse dalle semplici convocazioni che si utilizzano nel resto del mondo: “Sapevo che sarebbe stato difficile tornare con la nazionale francese, ma volevo continuare a disputare delle partite internazionali. L’allenatore del Qatar mi ha contattato, lasciandomi qualche giorno per riflettere. Poi mi sono iniziato ad allenare con il gruppo, siamo andati in stage in Spagna. Al mio ritorno in Qatar, ho fatto la scelta definitiva“.

Infine qualche parola sulla sfida finale, che vedrà Roiné giocare contro i suoi ex compagni di nazionale: “L’anno scorso in Golden League è stata dura. Sono comunque francese, e quando ascolto la Marsigliese sento qualcosa dentro, ma ho imparato anche l’inno del Qatar. Lo canto, ma non perfettamente. La lingua è difficile da imparare, ma certo di integrarmi, come è normale.  La Francia non perde mai in finale, dispone di grandi giocatori ed una panchina molto lunga. Resta la miglior squadra del mondo“.

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Immagine: IHF (pagina Facebook)

giulio.chinappi@olimpiazzurra.com

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